Mudbound. La bella epopea di due famiglie, una bianca ed una nera, sullo sfondo della Seconda guerra mondiale e del razzismo
Mudbound. L’epopea di due famiglie, una bianca ed una nera, sullo sfondo della seconda guerra mondiale, in un film bellissimo che racconta un’epoca di cambiamento affrontando temi importanti, primo tra tutti il razzismo.
Non affannatevi a cercare Mudbound nei cinema; il film è visibile solo su Netflix o con metodi illegali. Ed è un vero peccato perché l’opera di Dee Rees è uno dei migliori lungometraggi di quest’anno e speriamo vivamente che si farà onore agli Oscar.
Al centro le vicende di due famiglie, nel Mississippi all’epoca della seconda guerra mondiale.
La prima è la famiglia McAllan, composta da Laura (Carey Mulligan) ed Henry (Jason Clarke) entrambi bianchi.
Laura ha sposato Henry non per amore ma perché era l’unica via di uscita da una vita da zitella ed ora si ritrova catapultata in una squallida fattoria immersa nel fango costretta alla dura vita dei campi e a fare i conti con l’odioso e razzista suocero Pappy (Jonathan Banks).
Nell’appezzamento lavora anche la famiglia Jackson, tutti neri, con a capo Hap (Rob Morgan), la moglie Florence (Mary J. Blige) e vari figli tra i quali il maggiore Ronsel (Jason Mitchell). Quando scoppia la guerra sia Ronsel, sia Jamie (Garrett Hedlund) fratello di Henry partono per il fronte.
Quando torneranno a casa scopriranno di condividere le stesse ferite fisiche e psicologiche sino a stringere un’amicizia pericolosa visto il clima di razzismo che pervade l’epoca storica.
Sebbene proprio questo sia forse il tema principale del film sarebbe riduttivo ridurre Mudbound ad un opera sul razzismo.
Dee Rees in realtà ha uno sguardo più ampio che abbraccia diversi personaggi e diverse storie raccontandoci un epoca cruciale per gli Stati Uniti ed il passaggio da un epoca ad un'altra.
Da questo punto di vista il personaggio più interessante è proprio quello di Henry, un uomo in fondo prigioniero del passato e costretto continuamente a mediare.
Altrettanto fondamentale è il confronto tra le due famiglie che permette alla regista di mettere in campo tutta una serie di questioni importanti.
Ad esempio il rapporto tra i sessi, esemplificato dal modo in cui le due coppie portano avanti i loro matrimoni.
Apparentemente la coppia di colore ha una relazione molto più paritaria basata sul confronto, l’aiuto reciproco e la comprensione.
Al contrario Laura sembra succube delle scelte del marito, anche se poi, alla fine, sa come farsi valere.
Henry in fondo è un brav’uomo, semplicemente appartiene ad un mondo oramai al tramonto, incapace di accettare sia il razzismo del padre sia i rapporti di mutuo soccorso che si instaurano tra la sua moglie e Florence.
Henry è così costantemente costretto a fare da intermediario, tra il padre e la moglie, tra il padre ed i vicini di colore, tra la sua famiglia ed un fratello che torna dal fronte preda dell’alcool.
Certo i rapporti che intrattiene con la famiglia nera sembrano dettati solo dal proprio tornaconto personale ma alla fine è lui stesso a chiedere per favore l’aiuto di Florence quando le figlie si ammalano.
Dee Rees riesce quindi a restituirci una galleria di personaggi complessi e sfaccettati ed al tempo stesso segue più storie riuscendo ad intrecciare alla perfezione la misera vita di campagna con gli scenari di guerra.
Ed è proprio la guerra a cambiare per sempre la vita e l’orizzonte dei suoi protagonisti.
Ronsel tornato a casa, avendo visto un’altra realtà, non riesce più a sopportare il clima razzista del sud degli Stati Uniti.
Jamie da parte sua scopre di avere molte più affinità con quel ragazzo di colore piuttosto che con la sua famiglia.
La tragedia ovviamente sarà inevitabile e porterà una nuova consapevolezza ed un diverso destino per tutti concludendo il film con un finale amaro e realistico ma comunque aperto alla speranza.
Il cambiamento è alle porte è di lì a pochi anni si aprirà la stagione dei diritti civili.
Quella in cui finalmente Jamie e Ronsel potranno essere amici senza nascondersi e Laura potrà vivere pienamente la sua femminilità senza essere costretta a fuggire in una misera catapecchia in mezzo al nulla.
L’unica pecca di questo film altrimenti perfetto è la figura di Vera e della sua famiglia, la cui storia non è sufficientemente approfondita e resta sullo sfondo.
Per il resto Mudbound è uno dei titoli migliori visti quest’anno e ci riporta al grande cinema classico, diretto con mano ferma ed interpreti eccezionale.
Peccato che tale grandioso spettacolo non possa essere visto sul grande schermo.
EMILIANO BAGLIO