Ex ufficiali dei servizi segreti e veterani militari statunitensi gestiscono la consegna degli aiuti in alcune delle zone di conflitto più pericolose del mondo, in operazioni organizzate non in modo indipendente e super partes, come detta il diritto internazionale, ma con i governi che sono coinvolti direttamente come parte dei conflitti in corso. E' quanto si legge in una notizia pubblicata oggi dalla Associated Press. Questo fenomeno sta sconvolgendo la comunità internazionale degli aiuti umanitari, che mette in guardia da una tendenza sempre più militarizzata, politicizzata e alla ricerca del profitto, che potrebbe consentire ai governi o ai combattenti di utilizzare gli aiuti salvavita per controllare le popolazioni civili affamate e promuovere gli obiettivi di guerra.
Si tratterebbe della Fogbow, principalmente impegnata in Sudan del Sud, e della Safe Reach Solutions, che opera a Gaza guidata da un ex ufficiale della CIA e da altri ufficiali di sicurezza statunitensi in pensione, collaborando con la Gaza Humanitarian Foundation (GHF).
L'anno scorso Fogbow sarebbe stata sotto i riflettori per la sua proposta di utilizzare chiatte per portare aiuti a Gaza, dove le restrizioni israeliane bloccavano le consegne via terra. Da allora, Fogbow ha dirottato la sua attenzione in Sudan e Sud Sudan, tra le più gravi crisi umanitarie del mondo. Secondo quanto affermato da Fogbow, sarebbero coinvolti come consulenti senior anche ex alti funzionari umanitari provenienti da agenzie ONU come il WFP.
A Gaza opererebbe invece la società Safe Reach Solutions, che collabora con la Gaza Humanitarian Foundation. A partire dalla fine di maggio, l'operazione a guida americana ha distribuito cibo in siti fissi nel sud di Gaza, in linea con il piano del Primo Ministro Benjamin Netanyahu di usare gli aiuti per concentrare gli oltre 2 milioni di abitanti palestinesi del territorio nel sud della Striscia.
Gli operatori umanitari temono che sia un passo verso un altro degli obiettivi pubblici di Netanyahu, l'allontanamento dei palestinesi da Gaza in migrazioni “volontarie”.