Povere creature. Una provocazione in forma di film

Le avventure di un essere ibrido

di EMILIANO BAGLIO 05/02/2024 ARTE E SPETTACOLO
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Forse Povere creature è una provocazione.

Ma procediamo con ordine.

Per la prima volta Yorgos Lanthimos trasporta sullo schermo un romanzo, nel caso specifico l’omonimo libro di Alasdair Gray.

Per farlo decide di affidarsi ad una messa in scena fortemente teatrale; scenografie ricostruite in studio con fondali dipinti ed uso massiccio della computer grafica sullo sfondo dei quali i suoi attori parlano e straparlano in dialoghi spesso sfiancanti mentre l’azione latita completamente ed i concetti vengono enunciati piuttosto che messi in scena.

Le ambientazioni sono steampunk e rimandano ad un’ideale età vittoriana ed il tutto sembra un mix tra le scenografie posticce di Annette di Leos Carax e le tavole di Moebius.

Per il resto siamo dinanzi ad una variazione della storia di Frankenstein, mentre la creazione del “mostro” è una chiara citazione da Metropolis di Fritz Lang.

Il cinema entra in scena sotto forma di continui grandangoli e fish-eye che Lanthimos piazza ogni 3x2 mentre alterna il colore al bianco e nero.

Della messa in scena rigorosa, geometrica ed asettica dei precedenti film non resta traccia alcuna.

Il regista sembra piuttosto affidarsi ai suoi attori lasciandoli liberi di strafare con una recitazione perennemente sopra le righe che, anch’essa, ha poco a che fare con le sue precedenti prove.

Emma Stone, nel ruolo di Bella Baxter sembra essere quella che si diverte di più ma non da meno è Mark Ruffalo nella parte di Duncan.

Più defilati Ramy Youssef, alias Max, promesso sposo di Bella e soprattutto Willem Dafoe che interpreta il Dottor Godwin, ovvero God, il dio creatore di Bella e che è l’unico che non carica di accenti grotteschi il suo personaggio evitando di lasciarsi andare troppo.

Anche le tre città attraversate da Bella e Duncan nel loro viaggio lasciano alquanto a desiderare con Parigi che si riduce ad una piazza con la neve.

Ancora peggio la parentesi ambientata a Lisbona ridotta ad un paesaggio di cartolina tra mangiate pantagrueliche di pastéis e Bella che si commuove davanti ad una donna che canta il fado manco fossimo in un opuscolo turistico.

Eppure proprio a Lisbona si ha il primo sussulto, quando finalmente Bella si avventura, per la prima volta, da sola nel mondo e sembrerebbe prendere coscienza dei mali del mondo in un percorso simile a quello di Siddartha.

La suggestione viene subito lasciata morire ma resta il tempo per un secondo sussulto quando la nostra giunge ad Alessandria.

Qui finalmente Lanthimos si ridesta e ci regala la fugace visione di un mondo infernale, ai piedi della torre dove pasteggiano i nostri eroi, nel quale gli esseri umani si trascinano in preda al dolore tra polvere, bambini rachitici e cani agonizzanti.

Ma anche qui tutto muore nel giro di pochi minuti.

Resta da dire dell’accoglienza riservata a Povere creature.

La critica ha accolto il risultato finale parlando di un film “femminista” che illustra il percorso di presa di coscienza di Bella.

Peccato (segue spoiler) che Bella di femminile abbia solo il corpo mentre il suo cervello sia quello di un feto, per di più maschio.

Gran finale con l’allegra famiglia allargata….e vissero tutti felici e contenti.

EMILIANO BAGLIO


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