Chi segna vince
Taika Waititi porta sullo schermo la vera storia della peggiore nazionale di calcio al mondo, quella delle Samoa Americane.
l’allenatore di calcio Thomas Rongen (Michael Fassbender) è stato appena esonerato dall’incarico di commissario tecnico della nazionale americana under 20. Le alternative che gli propone la federazione di calcio statunitense sono due, rimanere senza lavoro o allenare la peggiore nazionale al mondo, quella delle Samoa americane reduce dalla peggiore sconfitta della storia del calcio, 30 a 0 contro l’Australia.
Taika Waititi torna alla commedia portando sullo schermo una storia vera, già narrata in un documentario, introdotta proprio dallo stesso attore/regista nei panni di un improbabile prete samoano.
Chi segna vince, mettiamo subito le mani avanti, non è certo il miglior film diretto da Waititi (escludiamo i due Thor che non conosciamo) ed assomiglia molto ad una fiera delle occasioni sprecate.
Tutta la prima parte della pellicola, tuttavia, è divertentissima e funziona egregiamente.
Fassbender si trasforma in una sorta di cartone animato e dà vita ad un personaggio surreale e perennemente sopra le righe.
Alcune scene poi sono particolarmente riuscite, ad esempio il colloquio con i vertici della federazione di calcio americana che si trasforma ben presto in una seduta di psicanalisi in cui Rongen attraversa le cinque fasi del lutto.
Lo stesso dicasi del suo arrivo sull’isola e dello scontro/incontro con i suoi bizzarri abitanti.
Waititi in questa prima parte è letteralmente scatenato e non perde nemmeno l’occasione di ironizzare pesantemente sulle manie new age tipiche degli occidentali, basti pensare all’incontro tra Rongen e la pescatrice di lattine che gli dispensa presunte perle di saggezza locale ad uso e consumo dell’uomo bianco e che scopriamo essere solo una messa in scena.
Poi, purtroppo, il film perde il ritmo.
Il problema principale è che in questa bizzarra storia vera c’è troppo materiale e Waititi non sa bene che strada imbroccare.
Da una parte ci sarebbe la vicenda personale di Rongen, dall’altra quella di Jaiya Saelua (Kaimana) che è stata la prima calciatrice transessuale a fare parte di una nazionale; infine quella della scalcagnatissima squadra e dei suoi componenti, dal manager Tavita (Oscar Kightley) che si arrabatta tra mille lavori all’ex portiere protagonista dell’epica sconfitta.
Il risultato di tanta abbondanza e di una vicenda che potrebbe unire la commedia a toni più drammatici è che alla fine il film non sa bene su cosa concentrarsi e finisce per voler raccontare il più possibile senza però riuscire ad approfondire nessuna delle vicende né i vari personaggi.
Rimane la capacità di Waititi di non prendersi mai troppo sul serio, una serie di sequenze comunque divertenti ed anche l’escamotage di non mostrare la partita finale, vero fulcro del film, se non attraverso alcuni momenti narrati dal figlio di Tavita al padre il quale ha avuto un infarto quando finalmente la sua squadra ha segnato il primo gol della storia.
Però a Taika Waititi, alle fine, si perdona tutto, anche un film minore e meno riuscito.
EMILIANO BAGLIO