Alice nella città 21 edizione. Concorso Hugues Hariche: Rivière

Un coming-of-age che è anche un atto di amore nei confronti degli sport su ghiaccio.

di EMILIANO BAGLIO 21/10/2023 ARTE E SPETTACOLO
img

Una strada di montagna innevata ed una ragazza che fa l’autostop.

Ci viene presentata così Manon (Flavie Delange), protagonista di Rivière, lungometraggio d’esordio di Hugues Hariche, da subito vagabonda e sradicata, con un evidente peso sulle spalle.

Come ci si libera dai traumi del passato riuscendo finalmente a realizzarsi?

Questa la domanda che si è posto il regista al suo esordio.

La risposta è in un film che affonda innanzitutto nella memoria del suo stesso realizzatore.

Al centro di tutto infatti c’è un luogo fisico preciso, lo stadio del ghiaccio della piccola cittadina dove Manon arriva alla ricerca del padre, che è poi la Belfort dove è cresciuto lo stesso Hariche.

È qui che si riuniscono i giovani del luogo a partire da Karine, atleta di pattinaggio sul ghiaccio che a causa di un infortunio sta sviluppando una dipendenza dagli antidolorifici.

Lo stadio del ghiaccio diviene quasi il corrispettivo fisico e tangibile delle ansie che attraversano questi adolescenti e non è un caso che parte del cast sia composto da giocatori o allenatori di hockey su ghiaccio che è poi lo sport che pratica Manon.

I genitori in questo microcosmo sono perlopiù assenti e a sostituirli provvede l’allenatore di hockey, mentre i protagonisti rimangono spesso schiacciati dal peso delle aspettative della società, prima tra tutte Karine.

La forza di Rivière sta innanzitutto proprio nel suo svilupparsi intorno ad un microcosmo ben preciso con le sue leggi e le sue regole e nel fatto che sia stato realizzato partendo dai ricordi stessi di Hariche.

Il risultato è un film che, come ha dichiarato il suo stesso autore, vuole avere l’aspetto e l'estetica da videoregistratore con tanto di immagini sgranate.

Da qui il lavoro minuzioso sulla fotografia, i costumi e le scenografie.

Il risultato è un coming-of-age corale che, grazie soprattutto all’ambientazione insolita e alla cura con la quale è stata ricreata (si vede che il regista è un appassionato di hockey) riesce ad avere una propria identità che convince ed avvolge.

EMILIANO BAGLIO


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali