Fusione nucleare. Ancora un passo in avanti. Dall'Inghilterra giunge la conferma della produzione record di energia grazie al procedimento inverso della fissione
Solo una decina di giorni fa la notizia del promettente risultato ottenuto negli Stati Uniti con la tecnologia fusionistica del confinamento inerziale, che adotta un sistema a concentrazione di raggi laser di grande potenza su una piccola “goccia” di combustibile.
Ecco che, dall’Inghilterra, rimbalza ora la notizia di un altro notevole risultato prodotto dall’“upgrade” della macchina che per molti anni è stata impegnata nello sforzo di avvicinarsi quanto più possibile al cosiddetto “punto di pareggio”, preparando di fatto la strada al prossimo reattore ITER che si sta costruendo in Francia e che dovrà dire l’ultima parola sulla fattibilità ingegneristica di questa tecnologia.
La macchina in questione si chiama JET (Joint European Torus), un reattore a fusione installato a Culham, nel Regno Unito, che iniziò la fase sperimentale nei primi anni ottanta del secolo scorso. Nel 1997, ottenne il più alto risultato nel rapporto fra la potenza prodotta dalle reazioni di fusione e quella utilizzata per contenere il plasma all’interno della macchina, alle altissime temperature che sono necessarie per raggiungere l’obiettivo richiesto. Tale rapporto, detto “fattore di guadagno”, arrivò a circa due terzi.
A partire da una decina di anni fa, la macchina è stata potenziata forse per l’ultima campagna sperimentale – quella appena conclusa – prima di passare il testimone al suo successore in gara, ITER. Sono stati infatti installati nuovi rivestimenti nella camera che contiene il plasma per rendere il reattore più simile alle caratteristiche proprie di quello che si sta costruendo in Francia.
Con tali accorgimenti, gli ultimi risultati hanno portato l’impianto a produrre valori di energia che sono quasi il triplo di quelli registrati nel 1997: 59 milioni di joule contro i quasi 22 milioni di joule di allora, a una temperatura di 150 milioni di gradi, per cinque secondi.
Dividendo il termine espresso in unità di energia per il tempo, si otterrà la potenza: il confronto sarà quindi tra i quasi 12 Megawatt raggiunti ultimamente contro i 4,4 Megawatt del 1997.
Tale risultato è assolutamente confortante nell’ottica di ciò che potrà offrire ITER quando entrerà in funzione. Teniamo presente soprattutto i rapporti volumetrici dei due impianti: il JET ospita una ottantina di metri cubi di volume in plasma, per ITER sarà dieci volte tanto. Ciò che è stato fatto, può essere interpretato come una sorta di “taratura” preliminare – e a scala ridotta – della futura macchina, per indagarne fin da adesso le sue potenzialità. E sembra che quanto ottenuto sia più che promettente.