45 anni dalla strage di Piazza Fontana, la "madre di tutte le stragi"

di Massimo Lorito 13/12/2014 CULTURA E SOCIETÀ
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Il pomeriggio del 12 dicembre 1969 a Milano è un pomeriggio uggioso, freddo, alle 16. 37 un boato sordo squarcia il centro, proviene da Piazza Fontana, proprio alle spalle del Duomo. Ma non è un tuono, è il boato dello scoppio di una bomba. La bomba esplode nella filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura, affollata a quell’ora come spesso accade. E’ una strage: 17 i morti, 88 i feriti.

Per il Paese quella strage è un punto fermo da cui non è possibile prescindere per provare a dare un’interpretazione della nostra storia recente. Dopo quel pomeriggio e da quei morti infatti si apre la stagione degli attentati, della strategia della tensione, del terrorismo, nero e rosso, dei tentativi di far cadere la democrazia e di affossare una Repubblica giovane e quanto mai in pericolo nell’Europa divisa in blocchi di quegli anni.

Le indagini si orientano inizialmente verso la pista anarchica e portano all’arresto e all’incriminazione di Pietro Valpreda e alla “strana” morte dell’anarchico Pinelli, caduto da una finestra degli uffici della questura di Milano durante il suo interrogatorio. Ma è una pista sbagliata, forse anche di comodo in quelle convulse giornate, in cui il Paese sbigottito chiede giustizia e le istituzioni arrancano. Negli anni a seguire dopo una serie di lunghi e interminabili processi che vedono coinvolte molte procure, si arriva finalmente alla verità giudiziaria del 2005, quando la Corte di Cassazione sentenza che la strage fu compiuta  da “un gruppo eversivo costituito a Padova, nell’alveo di Ordine Nuovo e capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”, esponenti di quel fascismo eversivo nato negli anni sessanta che opererà fino ai primi anni ottanta. I due però non sono più processabili in quanto “irrevocabilmente assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari”, per questo stesso reato.

Gli storici l’hanno chiamata la “madre di tutte le stragi”, perché da quel 12 dicembre ha inizio la vigliacca strategia tesa a terrorizzare la popolazione e intimidire le istituzioni da parte di un grumo di delinquenti uniti dal sogno di una nazione fascista e antidemocratica. La stage dell’Italicus nel 1974, Piazza della Loggia a Brescia, l’attentato del 2 agosto 1980 a Bologna, il più grave attentato della nostra repubblica, il rapido 904 la notte di Natale del 1984. Queste le tragiche tappe scandite da inconfessabili alleanze fra pezzi deviati dello Stato, politici, servizi segreti, terroristi neri e uomini della mafia. Alleanze che decine di magistrati hanno tentato, fra mille difficoltà e depistaggi, di scoprire e portare a giudizio.

Oggi a 45 ani di distanza occorre tenere viva la memoria di quei fatti e ricordare ancora che la maggior parte dei mandanti e degli esecutori di quei tragici attentati sono in libertà, altri sono stati condannati ma hanno scontato pene risibili, altri mai processati, altri mai identificati; basti pensare alla strage di Bologna o di Brescia.

Occorre però sottolineare ugualmente come il popolo italiano, come le nostre fragili istituzioni abbiano saputo sempre reagire e non lasciarsi trascinare nel destino da guerra civile che codardi criminali, travestiti da rivoluzionari, auspicavano. Se oggi, nonostante tutto, viviamo in una Repubblica democratica lo si deve anche alla risposta popolare che seguì e tenne testa alla fole stagione della strategia della tensione.

 



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