26 Medfilm Festival. Farid Bentoumi: Rouge (2020) - Fuori concorso

Un buon film di denuncia, ispirato a fatti realmente accaduti, capace di tenere incollati alla poltrona.

di EMILIANO BAGLIO 16/11/2020 ARTE E SPETTACOLO
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Nour (Zita Hanrot) è una giovane infermiera reduce da un brutto incidente sul lavoro che l’ha costretta a lasciare il pronto soccorso dell’ospedale dove prestava servizio.

In suo aiuto viene il padre Simane (Sami Bouajila), operaio e delegato sindacale presso la fonderia della città.

Ben presto Nour si renderà conto che c’è qualcosa che non va nella fabbrica e si troverà dinanzi ad una scelta, tacere, oppure tradire il padre, collaborare con la giornalista Emma (Céline Sallette) e far emergere la verità.

Farid Bentoumi, ispirandosi ad un fatto reale; lo scandalo delle terre rosse della fabbrica Anteo a Gardanne; imbocca direttamente il filone del film di denuncia nei confronti delle grandi multinazionali che non si fanno scrupolo nell’inquinare l’ambiente.

Da questo punto di vista il suo lavoro rispetta in pieno le regole del genere.

Da una parte c’è l’intraprendente giornalista decisa ad andare sino in fondo, smascherando anche i torbidi legami della fonderia con la politica locale.

Dall’altra un’intera comunità che finge di non vedere pur di salvaguardare il posto di lavoro.

Questa continua tensione si innesta con la storia personale di Nour che si troverà a fare i conti con la sua stessa famiglia, con il rischio di perdere tutto in nome del proprio codice morale.

Tutto già visto si dirà, eppure Rouge funziona a meraviglia.

Farid Bentoumi, da una parte, ha l’intuizione di fondere la denuncia politica con il dramma personale di una giovane donna, già reduce da un trauma lavorativo, che lentamente scopre la rete di bugie tessute dal padre il quale, seppure in buona fede, ha sempre anteposto la difesa del posto di lavoro, suo e dei suoi colleghi, ad ogni altro scrupolo etico.

Dall’altra la struttura del suo film è di fatto quella di un thriller in cui la scoperta della verità va di pari passo con l’incalzante inchiesta giornalistica.

Da un piccolo incidente successo ad un precario della fabbrica, tramite le investigazioni di questa coppia di donne, lo sguardo lentamente si allargherà sempre più, andando a scavare nei segreti non solo della fonderia ma di un’intera comunità, messa a tacere con la forza della disperazione.

Farid Bentoumi mostra di avere il polso saldo e riesce a dar vita a sequenze ad alta tensione.

Perfetta, da questo punto di vista, quella in cui Nour si introduce furtivamente nella fabbrica per raccogliere prove mentre tutti gli operai sono ad un meeting aziendale.

Grazie all’uso del montaggio alternato, improvvisamente, il film si trasforma in un action adrenalinico.

In tal senso Rouge non ha nulla da invidiare ai suoi simili e dimostra che, quando si vuole, si può realizzare un film politicamente impegnato capace di declinare in una chiave più familiare, intimista ed europea la lezione del cinema americano, da sempre maestro nel trasformare la denuncia in uno spettacolo capace di tenere incollati alla poltrona.

EMILIANO BAGLIO


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