26 Medfilm Festival. Isabel Lamberti: La ultima primavera (2020) - Concorso Amore & Psiche

Muovendosi tra fiction e documentario Isabel Lamberti ci porta a chiederci dove stia la vera felicità.

di 16/11/2020 ARTE E SPETTACOLO
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Durante la visione de La ultima primavera più volte lo spettatore viene assalito dal dubbio rispetto a quello che viene mostrato. Sappiamo che si tratta di un documentario e sebbene la realtà sia sempre più stupefacente e sorprendente di qualsiasi finzione non si può fare a meno di avere dei sospetti sull’autenticità di alcuni momenti.

Il caso più lampante riguarda il figlio adolescente della famiglia di David Gabarre Jiménez al centro della vicenda. Ad un certo punto il ragazzo, dopo aver rischiato di prendere la strada della criminalità, si ritrova a fare il barbiere da un anziano signore che ha una nipote bellissima con il quale il nostro comincia ad uscire lasciandosi andare a riflessioni profonde. Si ha tutta l’impressione di una situazione quasi creata ad arte.

Il mistero è presto risolto. La regista, in realtà, già conosceva David che aveva lavorato in un suo cortometraggio ed ha chiesto a lui e ai suoi familiari di ricreare davanti alla telecamera la vera esperienza vissuta cinque anni prima.
Scoperto il trucco si rimane stupiti per l’estrema naturalezza con la quale queste persone hanno saputo, letteralmente, dare nuovamente vita ad un episodio così drammatico della loro esistenza.

L’azione si svolge a La Cañada Real, una baraccopoli (però le case sono in mattoni) all’estrema periferia di Madrid, il cui terreno è stato venduto e che dunque sta per essere rasa al suolo.

Dopo anni passati in questa situazione gli abitanti del luogo, tra mille peripezie, verranno ricollocati in appartamenti veri e propri.

Apparentemente, quindi, si potrebbe pensare che la loro situazione migliorerà viste le condizioni assai precarie in cui vivono, tra continui guasti all’improvvisato impianto elettrico ed i cumuli di spazzatura onnipresenti.

Eppure in questa comunità ai margini, nel corso degli anni, si è sviluppato un senso di profonda solidarietà tra vicini.

A La Cañada Real si respira, nonostante tutto, un grande senso di libertà che va di pari passo con una sorta di autogestione comune fondata su vincoli di mutuo soccorso, fratellanza ed amicizia.

Il trasferimento forzato, in realtà, coinciderà con uno sradicamento degli abitanti da questa realtà e comporterà, per di più, il disgregamento dei nuclei familiari.

Ad esempio uno dei figli di David, avendo moglie e figli, non potrà più vivere insieme al resto della famiglia.

Isabel Lamberti si muove dunque tra finzione, documentario e denuncia sociale in un film che pone a tutti noi domande insidiose che non vorremmo farci.

Dove sta la vera felicità, sembra chiederci la regista.

In fondo i protagonisti non vivono meglio in questa baraccopoli piuttosto che in appartamenti dove, inevitabilmente, come si vede nel film, si ritroveranno privi di legami e di radici, abbandonati e soli in anonimi palazzoni tutti uguali.
La risposta sta nelle stesse immagini, come accade quando David va a trovare i vecchi vicini nel loro nuovo appartamento accompagnato dal nipote.

Il quale si ritrova con l’amico di un tempo, con il quale correva libero tra i rifiuti, nell’anonimo cortile di cemento del caseggiato, stanco ed annoiato, senza sapere che fare, come giocare o casa dire al compagno di un tempo.
Forse l’elettricità e l’acqua corrente, il riscaldamento e delle vere mura non bastano a fare la felicità e non possono mandar via quella sensazione di inadeguatezza e solitudine che i personaggi sembrano portarsi appresso nella loro nuova vita.

 

EMILIANO BAGLIO


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