26 Medfilm Festival. Azra Deniz Okyay: Ghosts (2020) - Concorso Amore & Psiche.

Un'atto di accusa al sistema repressivo messo in piedi da Erdoğan

di EMILIANO BAGLIO 12/11/2020 ARTE E SPETTACOLO
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Vincitore del Gran Premio Internazionale della Critica alla 77ª Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia.

Disponibile in streaming su https://www.mymovies.it/ondemand/medfilm/

 

Alla fine alla giovane Dilem non resta che ballare ancora una volta, tra gli anonimi palazzoni della periferia dimentica di Istanbul, alla fioca luce del suo cellulare visto che la città è attraversata da continui blackout. Mentre scorrono i titoli di coda del primo lungometraggio di Azra Deniz Okyay si continua a sentire in sottofondo il notiziario radio ed il rumore degli elicotteri, come se fossimo in un film di guerra o in un’opera di fantascienza distopica.

Invece siamo nella Turchia di oggi, quella dimenticata e marginale.

Chi siano i personaggi del film lo dice lo stesso titolo internazionale, fantasmi.
Persone che sopravvivono come possono in una città lontana anni luce dalle immagini turistiche del centro tra palazzi pericolanti, mucchi di spazzatura e strade polverose.

Dilem è una giovane ragazza che passa di lavoro in lavoro e sogna un giorno di poter vivere grazie alla danza mentre intorno a lei scorre un’adolescenza uguale a tante altre, tra primi amori, amicizie ed i problemi delle sue coetanee compresa una gravidanza indesiderata.

Ela invece è una giovane maestra che cerca di strappare i ragazzini dalle strade, politicamente impegnata nelle manifestazioni per i diritti delle donne e del movimento GLBT.

Iffet è una madre alla disperata ricerca di soldi da inviare al figlio carcerato e vessato dai bulli.

I loro destini si intrecceranno con quello di Rasit, un losco traffichino al soldo degli speculatori edilizi che campa affittando posti letto ai profughi siriani.

Girato in soli 17 giorni con un budget ridottissimo, Ghosts è chiaramente un film politico e militante, capace però di unire il dramma alle tecniche di ripresa del documentario (da quale proviene la regista) e mescolare il tutto con un noir.

Azra Deniz Okyay, tra immagini da cinéma vérite riprese con un cellulare e telecamera a mano costruisce una storia che intreccia i piani temporali. Lascia che le storie si sviluppino e si intreccino senza seguirne l’ordine cronologico, saltando in avanti (il film in realtà inizia dalla fine) e poi tornando indietro più volte, riprendendo lo stesso avvenimento da diversi punti di vista.

Il risultato è un senso di spaesamento e smarrimento da parte dello spettatore, “costretto” a rimettere insieme i pezzi del puzzle.

Intorno si muove la Turchia di oggi in un’opera che è un chiaro atto di accusa nei confronti del potere.

La regista mette tanta carne al fuoco.

Dal futuro incerto delle nuove generazioni al processo di speculazione edilizia che sta cambiando il volto del suo paese.

Il tutto in un clima di continua censura morale, operata tanto dal popolo quanto dall’onnipresente polizia.

Ne viene fuori il ritratto di un paese, attraversato da profughi siriani in fuga dalla guerra vittime dello sfruttamento, che vive in un perenne clima di oppressione e di mutilazione delle libertà.

A farne le spese sono per prime le donne e chiunque professi un amore diverso.

In Ghosts non è concesso nessuno spazio di libertà, le donne rimangono vittime del potere, costrette a mendicare per salvare il proprio figlio, senza possibilità alcuna di esprimere sé stesse.

Non si può fare nulla nella società descritta da Azra Deniz Okyay.

Non si può ballare per strada, non ci si può baciare all’aperto, non si può essere omosessuali o lesbiche, non si può neanche costruire una scuola per i ragazzini che altrimenti non avrebbero nessuna istruzione, la polizia è sempre pronta ad intervenire, gli zelanti cittadini, come guardiani della rivoluzione, sempre pronti a censurare e a ricorrere alla delazione.

Rimane solo quell’ultimo ballo al buio, una bellissima opera prima che affronta di petto il sistema repressivo messo in piedi da Erdoğan e la speranza in una nuova alba.

 

EMILIANO BAGLIO


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