Scuole a Roma e nel Lazio. Molte quelle ancora impossibilitate ad aprire in sicurezza. i Presidi "Così meglio rinviare l'inizio dell'anno"

di redazione Roma 09/09/2020 ROMA
img

Novemila studenti del Lazio sono ancora senz'aula. All'appello, ne mancherebbero circa mille, in base alle nuove disposizioni anti- contagio e alle indicazioni sul distanziamento. Sono due dei numeri usciti fuori ieri pomeriggio, nel corso di un video-incontro della Regione sulla ripresa della scuola. Numeri che, a 5 giorni dalla riapertura, preoccupano e non poco. Se molte superiori si sono rassegnate al fatto che i ragazzi, a turno, dovranno seguire le lezioni da casa, per elementari e medie la situazione appare tutt'altro che rosea: il Lazio attende poco meno di 300mila banchi dalla maxi-gara europea Governo; alcuni spazi individuati, non avendo alcune certificazioni, non si sono rivelati utili; "mancano gli insegnanti", denuncia il presidente dell'Associazione nazionale presidi, Mario Rusconi; si sa ancora poco del lunch box, che non sarebbe compreso nei contratti delle ditte comunali; in alcuni casi i lavori d'edilizia leggera non sono ancora terminati.

Ed è per questi e altri motivi che nei giorni scorsi si è rafforzato il fronte del rinvio, con presidi, docenti, famiglie e studenti che hanno chiesto alla Regione di rimandare al 24 settembre l'apertura degli istituti.

Cioè dopo il referendum del 20 e del 21 settembre, quando 1300 plessi su 3mila saranno seggio. Ma niente. Si torna il 14. Ma, ha precisato l'assessore regionale alla Scuola, Claudio Di Berardino, "resta ferma l'autonomia dei sindaci e delle singole amministrazioni comunali in base ai propri compiti e funzioni così come resta fermo che le singole istituzioni scolastiche possono valutare in sede locale, a fronte di problematiche emergenti o non risolte, deroghe o decisioni più opportune in merito alla data di inizio dell'anno scolastico".

Infatti a Roma molti istituti si sono "riservati" la decisione di posticipare il suono della prima campanella.

Nel Lazio ci sono ancora 9 mila studenti senza spazi adeguati. E c’è chi rischia di poter riaprire ma poi di dover chiudere subito dopo, come il preside Roberto Scialis, liceo Joyce di Ariccia. «Abbiamo una succursale fatiscente con aule piccole», lamenta. È una corsa contro il tempo, conferma Ester Corsi, dirigente del Mameli di Palestrina: «Sto facendo un sopralluogo per trovare soluzioni, ma ancora ho due classi “fuori”, ho chiesto alla Regione di rinviare».

L’assessore regionale all’Istruzione, Claudio Di Bernardino, ha chiarito che la decisione deve essere presa cono i sindaci. E c’è chi, nel dubbio, ha deciso di andare oltre: come la dirigente dell’istituto di via Poseidone a Roma, che ha emanato una circolare per rinviare al 24 la riapertura. «Rinviare? Più tempo si dà meglio è— commenta il presidente dei presidi Antonello Giannelli —. Ma le famiglie premono in direzione opposta».

La partita che si sta giocando è tutta qui. Da una parte ci sono le famiglie che chiedono di poter tornare a portare a scuola i figli, anche per esigenze organizzative che l'emergenza coronavirus ha sconvolto. Un ritorno alla normalità che però è osteggiato dal personale della scuola, che non pensa di poter garantire ad oggi la sicurezza sanitaria e il rispetto delle regole che il ministero ha dato. In mezzo c'è la politica. Da una parte il governo che spera di far tornare tutto alla normalità. Dall'altra c'è l'opposizione pronta ad attaccare a testa bassa su un argomento che ha un grande peso elettorale. 

Mario Rusconi, presidente dell'Associazione Presidi del Lazio, dice proprio al Corriere che le scuole che vogliono rimandare il primo giorno sono "centinaia, la richiesta si sta allargando a macchia di leopardo, mi arrivano messaggi da tutta Italia".

Quali sono i motivi per cui non possono aprire alcune scuole?

«Perché mancano i banchi, mancano i docenti, soprattutto di sostegno, non sono stati finiti i lavori di adeguamento: le richieste che mi arrivano sono tantissime, perché i dirigenti non vogliono trovarsi impreparati alla riapertura, e sperano che almeno dopo il 22 si possa avere un quadro di sicurezza degli studenti».

Finora sono stati consegnati solo 100 mila banchi monoposto, dice la Cgil. Questo pesa?
«Certo, ma c’è anche un altro problema. Ci sono istituti che stanno accatastando i vecchi banchi all’aperto, che alla prima pioggia si infradiceranno. Noi abbiamo chiesto al Comune di Roma di poterli donare ad associazioni benefiche. Altrimenti vanno stoccati in un grande magazzino. Ma se rimangono fuori per giorni è un danno per la comunità. Molti a Roma sono accatastati vicino alle centrali termoidrauliche, dove passano i tubi del gas».

Il tempo pieno si potrà fare?
«Secondo una stima, il 25 per cento delle scuole d’Italia avrà difficoltà col tempo prolungato. Mi sembra una statistica “spannometrica” e anche ottimistica. I Comuni devono lavorare con le ditte degli appalti altrimenti si mette in difficoltà il tempo prolungato» 

 

Intanto un gruppo di dirigenti scolastici del Lazio e in particolare della zona di Fiumicino, preoccupati per i ritardi dell'assegnazione delle cattedre e dell'arrivo dei banchi monoposto, chiederanno di posticipare l'inizio delle lezioni al 24 settembre, come peraltro gia' deciso in alcune regioni, come la Campania e la Calabria, secondo quanto ha scritto ieri l'AGI. Un "caos calmo" lo definisce dunque Pino Turi, segretario nazionale della Uil Scuola, quello che regna in vista del sempre piu' prossimo ritorno in aula. Nel frattempo i docenti "per una buona parte stanno lavorando da remoto per programmare le attivita' didattiche e saranno a Scuola in presenza solo all'apertura dei cancelli", sottolinea ancora il sindacalista. 



Ti potrebbero interessare

Speciali