Tenet. Il nuovo film di Christopher Nolan, presentato come l'evento dell'anno. Resta da vedere se tanta attesa sia stata ripagata.

di EMILIANO BAGLIO 05/09/2020 ARTE E SPETTACOLO
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Allora, è così complicato Tenet che per capirlo è necessario leggere l’ottimo riassunto di Wikipedia?

Ma soprattutto interessa veramente a qualcuno comprenderlo?

Arrivati all’ennesima spiegazione sfiancante e al centesimo passaggio attraverso il tornello che collega (semplificando al massimo) questa realtà con quella dove le cose vanno al contrario, lo spettatore è ancora interessato a quello che sta accadendo o la sua preoccupazione è la durata del film di ben 150 minuti?

Facciamo un passo indietro.

Dal futuro, tramite dei portali, stanno arrivando oggetti la cui entropia è stata invertita. Insomma si muovono all’indietro nel tempo. In particolare alcuni di questi oggetti, chiamati artefatti, messi insieme formano un algoritmo che, se attivato, invertirebbe il mondo intero portandolo alla distruzione. I buoni (John David Washington e Robert Pattinson) devono impedire che il cattivo (Kenneth Branagh) distrugga il mondo.

Di più meglio non dire, sia per non rovinare la sorpresa (ma quale?), sia perché Tenet è il classico film che più cerchi di spiegarlo più diventa incomprensibile.

 Stavolta Christopher Nolan cerca di mantenersi su ben tre registri diversi.

La prima parte di Tenet è una spy story abbastanza classica con non pochi debiti nei confronti del mondo e della narrazione tipica di un qualsiasi capitolo di James Bond.
Magari un capitolo minore, narrato con sano mestiere ed alcune ottime sequenze d’azione, soprattutto quella che apre il film, per noi la migliore di tutte.
I fatti si susseguono l’uno all’altro preoccupandosi poco del filo logico che li unisce. L’importante è saltare da una location suggestiva all’altra, presentare i vari personaggi, dargli un minimo di identità (ma proprio il minimo indispensabile) e poi quando tutte le carte sono in tavola far partire lo spettacolo.

Ed è a questo punto che cominciano i problemi.

Nolan non può certo accontentarsi di confezionare un buon film d’azione, deve cominciare a giocare con quelle che da sempre sono le sue ossessioni; il tempo e la multidimensionalità.

Così in Tenet si inizia a fare i conti con questa realtà dove il tempo scorre all’incontrario, i piani temporali si intrecciano, i personaggi scorrazzano da uno all’altro, si incrociano e coesistono, sino a quella che dovrebbe essere l’epica battaglia finale, la manovra a tenaglia nel tempo.

Nonostante il film stesso ci avvisi che più che capire bisogna sentire, Nolan ingarbuglia talmente tanto le cose da avvertire l’impellente necessità di ammorbare lo spettatore ogni 5 minuti con noiosissime lezioni di fisica ovviamente ancora più incomprensibili e soprattutto di una noia mortale.

Il risultato è che “sentire” il film, lasciarsi andare alle immagini, diventa sempre più complicato.

Anche perché, diciamocelo, Tenet è un buon film d’azione come tanti, nulla di più e forse pure qualcosa di meno.

Insomma non solo si capisce poco ma, soprattutto, non frega nulla a nessuno.

È a questo punto che entra in gioco l’altra faccia di Tenet, il terzo registro.

In fondo la possibilità di andare indietro nel tempo altro non è che la possibilità di rimediare ai propri errori.

Forse, in fondo, Tenet vorrebbe essere una riflessione su ciò. Forse il suo nucleo è la storia di Kat Sator (Elizabeth Debicki) e di suo marito Andrei (Kenneth Branagh). Da una parte un uomo condannato che non sa rassegnarsi alla fine. Dall’altra una madre che vuole solo poter stare con suo figlio.

Se accettiamo che questo sia il centro dell’opera ecco che allora i vari “viaggi nel tempo” (perché di questo si tratta), acquisiscono un altro senso.

Resta il dubbio se quest’anima umanista riesca a sopportare il peso di tutto lo spettacolo messo in piedi dal regista che procede per accumulo, preoccupato di stupire sempre di più ad ogni sequenza.

Peccato che nel frattempo il cinema ci abbia abituato ad altri standard.

Il rischio è che, nel suo voler essere un blockbuster d’autore, Tenet finisca con lo scontentare tutti.

I cinefili che si stancheranno del giare a vuoto del film ed il grande pubblico abituato alla spettacolarità del mondo Marvel.

Forse Nolan deve ancora trovare la sua cifra poetica personale, ciò che, al di là delle ossessioni e dei giochetti marchio di fabbrica, lo faccia diventare finalmente un autore adulto.

Alla fine Tenet richiama alla memoria Memento.

Siamo ancora lì, la fine, in realtà, è l’inizio e per capire il senso, indovinate un po’, bisogna ripercorrere la storia al contrario.

Il cerchio si chiude, forse è tempo di tornare a casa.

E di diventare grande. In tutti i sensi.

EMILIANO BAGLIO


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