Plasmaterapia. Cos'è. Le certezze e le prospettive oltre le fake news

di redazione 06/05/2020 SCIENZA E TECNOLOGIA
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 Non si parla d’altro sui social in tema di Covid-19 e relative possibili cure. Come purtroppo accade spesso nelle piazze virtuali se ne parla più in termini di fake news, bufale e complottismi vari, che in termini di chiarezza scientifica: ma cosè la plasmaterapia 

Non si tratta di una cura tenuta segreta come taluni hanno scritto e non solo sui social ma della cosiddetta aferesi produttiva, la tecnica che permette di estrarre dal sangue piastrine globuli rossi e bianchi e il plasma (la parte liquida), e che è stata ideata dal Policlinico San Matteo di Pavia nel 1982. Il plasma, ricco di anticorpi, e la terapia che ne prende il nome è stato già utile durante altre emergenze sanitarie come Ebola e Sars e a Wuhan, la città cinese focolaio dell’epidemia di Covid 19, sono stati 1000 i pazienti trattati con il plasma delle persone guarite e idonee alla donazione.

La sperimentazione avviata a Pavia – A fine marzo è iniziata la sperimentazione anche in Italia e i primi passi non potevano essere fatti che a Pavia, pionieri appunto della tecnica. Il protocollo iniziale è stato redatto dai medici del reparto di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del San Matteo, in collaborazione con le strutture di Mantova e Lodi e dall’Azienda ospedaliera universitaria di Padova e quella di Novara. La sperimentazione porta la firma del primario del dipartimento Cesare Perotti, che con tutto lo staff coinvolto, sta studiando i dati per poter pubblicarne gli esiti il prima possibile.

La prima sperimentazione ha coinvolto 52 pazienti, la prossima probabilmente ne coinvolgerà 150. Una terapia quella del plasma iperimmune che si è rivelata, stando alle guarigioni e alle dimissioni di cui si ha già notizia, efficace. Anche se la ricerca pretende una elaborazione millimetrica dei dati prima di qualsiasi conclusione. I primi donatori sono arrivati a inizio aprile: i medici di Pieve Porto Morone, marito e moglie, primi casi di contagio da Covid19 in zona. Da allora alla terapia hanno avuto accesso 52 persone fino al 29 aprile.

Vengono prelevati 600 millilitri di plasma da pazienti Covid guariti. Non pazienti guariti e basta, ma persone che abbiano sviluppato gli anticorpi neutralizzanti il virus, che siano in buona salute generale e senza altre patologie. Il sangue va sottoposto a test, “lavorato” e trasformato prima di essere infuso. Come spiegato in una recente intervista dal professor Perotti il Centro nazionale sangue ha raccomandato esami aggiuntivi “che rendono il plasma, se possibile, ancora più testato e ipersicuro. In più il plasma del policlinico di Pavia viene sottoposto ad un ulteriore test dal laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo, diretto dal professor Fausto Baldanti”.

Da quel prelievo si ricavano due dosi da 300 millilitri. Il protocollo, messo a punto al San Matteo, prevede tre somministrazioni. I medici monitorano il o la paziente e, nel caso di mancata risposta all’infusione, si passa alla seconda somministrazione e così di seguito. A distanza di due giorni l’una dall’altra. La compatibilità per il plasma viene fatta sul gruppo sanguigno come avviene normalmente secondo il protocollo per le donazioni di sangue.

Sono stati molti i guariti che si sono offerti di donare il plasma, ma come detto non tutti sono idonei. Dei circa 400 che si sono offerti solo 125 sono diventati donatori. E ognuno di loro può aiutare a guarire due malati, quelli a cui viene somministrata la terapia sono quelli più gravi ma prima che le loro condizioni comportino il ricovero in terapia intensiva. I miglioramenti si registrano nel giro di uno o due giorni. Gli anticorpi (immunoglobuline) sono proteine coinvolte nella risposta immunitaria che vengono prodotte dai linfociti B in risposta ad una infezione e ‘aiutano’ il paziente a combattere l’agente patogeno andandosi a legare ad esso e “neutralizzandolo”. Ed è questo che avviene anche con la plasmaterapia.

Per Perotti “il trattamento al plasma iperimmune è l’unico razionale, sia biochimico che immunologico del Coronavirus, che abbiamo in questo momento. Ha un notevole livello di sicurezza virale – spiega a La Provincia Pavese – ed è praticamente senza effetti collaterali”. L’idea di usare questa tecnica è stata presa in considerazione dai medici in assenza di farmaci mirati, tutti quelli utilizzati sono off label ovvero al di fuori delle condizioni autorizzate. Ed è così che ai malati, per combattere la malattia scatenata dal virus Sars Cov 2, sono stati somministrati antireumatoidi per esempio o antimalarici o farmaci utilizzati in oncologia.

“I risultati visti nei casi singoli sono stati sorprendenti. Ora con i colleghi di Pavia stiamo riesaminando tutti i casi, valutando la risposta clinica e strumentale, per trarre delle conclusioni generali su questa che è una terapia specifica contro Covid-19″. Franchini sottolinea che, al contrario “di alcune bufale” che circolano, “il plasma prodotto in questo modo è sicuro e la possibilità che trasmetta malattie infettive è pari a zero“. Il 50% dei donatori selezionati “in realtà è composto da donatori abituali di sangue, che si sono ammalati di Covid-19 e sono guariti. Si tratta di una terapia di emergenza, ma – precisa – noi non abbiamo realizzato un protocollo d’emergenza: si tratta di un lavoro rigoroso che segue le indicazioni del Centro nazionale sangue.

Sulla plasmaterapia "l'orientamento del ministero è andare avanti con forza; ovviamente serve un'evidenza scientifica, so che i ricercatori già la prossima settimana dovrebbero pubblicare dei dati che sono molto promettenti, quindi bisognerà investire in questa ricerca". Così Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, in collegamento con Agorà su Rai3.

 

"Il centro nazionale sangue è già attivato da più di un mese su questo, ci sono diversi centri pronti che hanno già iniziato a prendere sangue da ex pazienti Covid e vedo una prospettiva futura anche per dei sieri iper-immuni qui però entrerà in gioco l'Aifa perché non è più una donazione ma un farmaco", precisa. Sul fronte delle diagnosi "tamponi e test sierologici devono andare insieme nella Fase 2. Già da questa settimana al massimo dalla prossima partiranno i test sierologici".

 

Il ministero della Salute: “Terapia non consolidata, test in corso”- Intanto dal ministero della Salute arriva una nota: “L’uso del plasma da convalescenti come terapia per il Covid-19 è attualmente oggetto di studio in diversi paesi del mondo, Italia compresa. Questo tipo di trattamento non è da considerarsi al momento ancora consolidato perché non sono ancora disponibili evidenze scientifiche robuste sulla sua efficacia e sicurezza, che potranno essere fornite dai risultati dei protocolli sperimentali in corso. Il plasma da convalescenti è già stato utilizzato in passato per trattare diverse malattie – spiega la Faq sul sito, gestito dal Centro Nazionale Sangue – e, in tempi più recenti, è stato usato, con risultati incoraggianti, durante le pandemie di Sars ed Ebola”.

Se dovessi scegliere tra salvare una vita ed andare in carcere non ho dubbio in merito. Anche se non dovessi avere l’autorizzazione del comitato etico per me la vita è sacra. Sono un cattolico praticante e la vita è l’obiettivo della mia professione”. Lo ha detto il primario di pneumologia presso l’ospedale Carlo Poma di Mantova, Giuseppe De Donno, a Tv2000 in collegamento con il programma ‘Il mio medico’ in merito a poter continuare ad utilizzare la plasmaterapia da lui inventata per salvare la vita di altri pazienti gravi affetti da coronavirus.

“Tra pochi giorni – ha annunciato De Donno a Tv2000 – pubblicheremo la nostra produzione scientifica sulla plasmaterapia. Nei 48 pazienti arruolati nel nostro studio non abbiamo avuto alcun decesso anzi sono tutti guariti e ora sono a casa. Chiedo ai nostri legislatori che una volta pubblicato il lavoro ci diano la possibilità di usare il plasma iperimmune come si usano altri farmaci perché abbiamo in mano un’ arma che è l’unica in questo momento che agisce contro il coronavirus”.

“La plasmaterapia – ha proseguito De Donno – è un atto democratico che viene dai pazienti e torna ai pazienti. I pazienti guariti da coronavirus donano il loro plasma ricco di anticorpi che serve per guarire altre persone. Ogni donatore riesce a far guarire due pazienti riceventi”.

“L’intuizione della plasmaterapia – ha rivelato De Donno a Tv2000 – nasce quando io e il mio infettivolgo il prof. Casari ci siamo trovati una notte a gestire il pronto soccorso con i colleghi che erano disperati perché erano arrivati 110 pazienti. Anche la nostra direttrice sanitaria, anche lei sull’orlo della disperazione, ci aveva chiamati per chiederci se qualcuno dei nostri medici poteva andare ad aiutare i medici del pronto soccorso. Ci siamo andati noi come gli ultimi degli specializzandi con grande umiltà. Quella notte abbiamo capito che dovevamo inventarci un’arma che ci aiutasse a salvare i pazienti”.

 



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