Coronavirus. 105 i medici morti. 26 gli infermieri.

di redazione 09/04/2020 CULTURA E SOCIETÀ
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La lista dei morti per coronavirus tra i camici bianchi ieri ha superato la quota 100. Siamo a 105.

Emilio Brignole aveva 68 anni e faceva il chirurgo al pronto soccorso di Villa Scassi a Genova. Contagiato a metà marzo, sembrava migliorato grazie alla terapia intensiva. Adesso viene ricordato anche per la dedizione con la quale due anni fa si era occupato dei feriti nel crollo del ponte. Prima di quella che riguarda lui è arrivata la notizia della morte di Samar Sinjab, 62 anni, una dottoressa che faceva il medico di famiglia in Veneto e che, malgrado fosse a rischio per problemi di salute, ha continuato ad esercitare a Mira. È il suo il decesso numero cento.

E sono proprio i medici di famiglia le vittime principali dell’epidemia in base alla rilevazione della Federazione, che si basa su notizie di stampa e sulla segnalazioni degli Ordini e potrebbe essere sottostimata. Fino ad oggi sono infatti 43 più un pediatra. Poi ci sono 21 specialisti che lavoravano negli ospedali, 9 impiegati sul territorio, 9 odontoiatri e 22 pensionati. Fnomceo ha deciso di inserire anche loro, alcuni esercitavano ancora e presumibilmente si sono infettati proprio sul lavoro. Tra questi ci sono l’ex medico di famiglia rientrato per dare una mano, l’ex primario che si era spostato in una struttura privata, lo specialista che continuava a vedere i pazienti nel suo studio. Sarebbero invece più di una decine i pensionati non più attivi e tra loro anche una dottoressa che aveva 94 anni. Si chiamava Adelina Alvino De Martino ed era stata un primario di cardiologia a Savigliano (Cuneo). "La sicurezza sul lavoro è un diritto dei cittadini, ma anche dei medici. È opportuno riflettere su quanto questo virus ci abbia colti impreparati e sul fatto che garantire la sicurezza sul lavoro è un dovere dello Stato", ha commentato Filippo Anelli, presidente Fnomceo.

È la Lombardia la Regione dove sono morti più medici di famiglia. "Già alla fine di febbraio dicevamo che eravamo a mani nude, la Regione ci dava giusto qualche mascherina. Abbiamo denunciato decine di volte questo problema". A parlare è Roberto Rossi, presidente dell’Ordine dei medici di Milano. È molto critico sulla gestione dell’emergenza, come ha scritto, insieme agli altri presidenti lombardi, in una dura lettera alla Regione. "Non ci lamentavamo perché eravamo rompiscatole ma perché ai medici di famiglia non arrivavano materiali. Anzi, occhialini, guanti e camici monouso non sono praticamente mai arrivati. Le mascherine ce le ha messe a disposizione qualche buon samaritano, come il Comune di Milano e alcuni privati. Se era per la Regione ce ne toccavano 20, più due flaconi di disinfettante e una confezione di guanti". Così lavorare sul territorio è diventato molto pericoloso, tanto più che in alcune province il virus ha iniziato probabilmente a circolare prima della scoperta del primo caso. "I medici del territorio sono andati in guerra con le scarpe di cartone", sintetizza Rossi. "Negli ospedali la situazione è stata diversa. Certo, sono stati più a rischio nei reparti non Covid, dove non avevano le protezioni".

In totale, stando ai dati aggiornati a ieri dell'Istituto Superiore di Sanità, sono 13.522 gli operatori sanitari contagiati.

Nella lista, sottolinea il presidente della Federazione Filippo Anelli, "si è deciso di includere tutti i medici, pensionati o ancora in attività, perché per noi tutti i medici sono uguali. Alcuni dei medici pensionati, inoltre, erano rimasti o erano stati richiamati in attività; alcuni avevano risposto a una chiamata d'aiuto. Non si smette mai di essere medici".

"Una tragedia", commenta Walter Ricciardi, membro del Comitato esecutivo dell'Organizzazione italiana della sanità (Oms) e consigliere del ministro della Salute, Roberto Speranza, per l'emergenza Covid19, commenta il tragico bilancio arrivato a 100 medici morti in Italia a causa del virus.

Ai medici si aggiungono 26 infermieri e cinque ausiliari, la più giovane di 36 anni, morti nei giorni scorsi dopo aver contratto il virus nei reparti

Roberto Stella, responsabile dell’Area Formazione della FNOMCeO, e presidente dell’OMCeO di Varese. E poi, oggi, Marcello Natali, Segretario Fimmg di Lodi. Ieri, Ivano Vezzulli, Medico di Medicina Generale nel lodigiano. Lunedì 16, Mario Giovita, medico di Medicina Generale della provincia di Bergamo. Prima di loro, Raffaele Giura, primario di pneumologia a Como. Carlo Zavaritt, ex assessore e medico bergamasco. Giuseppe Borghi, medico di Medicina Generale a Casalpusterlengo.

Il 7 marzo, Chiara Filipponi, anestesista di Portogruaro, deceduta però a causa di una malattia allo stadio terminale.

 Si allunga l'elenco degli operatori sanitari che non ce l'hanno fatta a vincere la battaglia contro il virus. Sono 26 gli infermieri morti e 6.549 i positivi. La presidente di Fnopi Barbara Mangiacavalli ha spiegato: "Il nostro fine è assistere i pazienti, individuarne le necessità ed essergli vicini, incidere nel processo organizzativo e decisionale del sistema e dare risposte mirate alle contingenze economiche e ai bisogni che emergono dall'attuale scenario demografico ed epidemiologico". Dal canto suo il presidente della Fnomceo Filippo Anelli ha espresso il suo apprezzamento per le parole del Presidente della Repubblica chiedendo che "i medici, gli infermieri, gli operatori non devono più essere lasciati soli a combattere contro il virus. Non devono mai più essere lasciati a vicariare le criticità e i vuoti del nostro Servizio Sanitario Nazionale". Anelli ha poi aggiunto: "Noi contiamo su di lei, Presidente, sul Ministro della Salute Roberto Speranza, sul Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, perché ai sacrifici e al lavoro dei professionisti si risponda con il giusto rispetto e riconoscimento"

 

DAL SITO FNMONCEO

A partire da marzo li riportiamo qui, sul Portale FNOMCeO, che resterà listato a lutto in loro memoria, in un triste elenco che viene via via aggiornato. In allegato, i dati sui contagi. Un monito, una lezione per tutti.

“I morti non fanno rumore, non fanno più rumore del crescere dell’erba, scriveva Ungaretti – commenta il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli -. Eppure, i nomi dei nostri amici, dei nostri colleghi, messi qui, nero su bianco, fanno un rumore assordante. Così come fa rumore il numero degli operatori sanitari contagiati, che costituiscono ormai il 10% del totale. Non possiamo più permettere che i nostri medici, i nostri operatori sanitari, siano mandati a combattere a mani nude contro il virus. È una lotta impari, che fa male a noi, fa male ai cittadini, fa male al paese”.

“Nell’elenco – spiega il Presidente – si è deciso di includere tutti i medici, pensionati o ancora in attività, perché per noi tutti i medici sono uguali e uguale è il cordoglio per la loro perdita. Alcuni dei medici pensionati, inoltre, erano rimasti o erano stati richiamati in attività; alcuni di loro avevano risposto a una chiamata d’aiuto. Perché non si smette mai di essere medici, lo resta sino in fondo e per tutta la vita”.



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