Emergenza Coronavirus. Governo "Giustizia, udienze sospese fino al 31 maggio e probabile ritorno a scuola ad Aprile. Sanità Assunzioni per ventimila nuovi medici e infermieri". La Lombardia in piena emergenza

di redazione 07/03/2020 CULTURA E SOCIETÀ
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Un piano senza precedenti per rinforzare il sistema sanitario nazionale nei giorni della crisi sanitaria più nera della sua storia. Uno stanziamento immediato di 600 milioni di euro, l’intenzione di portare nel sistema qualcosa come 20mila professionisti. Arriveranno nuovi medici ospedalieri, di famiglia, di guardia e anche infermieri per fronteggiare il coronavirus. Gli specializzandi saranno inseriti immediatamente nel sistema, i pensionati verranno richiamati. Non solo. Si prevedono investimenti anche per nuove strutture e per acquistare dispositivi. Le Regioni che non sfrutteranno le possibilità di far crescere il loro sistema, potranno essere commissariate.

La bozza di decreto legge del governo dedicato all’emergenza Covid-19 punta a rivoluzionare il volto della sanità italiana. Bisogna avere a disposizione personale che prenda in carico i malati o che segua le persone in quarantena ma che permetta anche agli ospedali di lavorare in massima sicurezza. Sono troppi i casi di intere unità operative bloccate a causa di pazienti colpiti dal coronavirus intercettati troppo tardi. Camici bianchi e infermieri, che non si sono protetti contro il rischio di contagio o per stanchezza o per mancanza di informazioni da parte degli assistiti, sono costretti all’isolamento a casa. “Gli operatori rischiano il contagio, o vengono proprio contagiati, perché non è ancora stata dichiarata dall’Oms la pandemia – spiega Marcello Tavio, il presidente della società scientifica degli infettivologi – In quel caso qualunque paziente con sindrome respiratoria verrebbe trattato dagli ospedali come un caso di coronavirus, e i rischi per chi lavora in ospedale sarebbero più bassi”.

 

Il dl darebbe una svolta mai vista al sistema sanitario. Di potranno “conferire incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi, prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza ad infermieri, operatori socio sanitari e a medici specialisti, in anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore, malattie dell’apparato respiratorio, malattie infettive e tropicali, medicina d’emergenza urgenza, medicina interna, malattie dell’apparato cardiovascolare, radiodiagnostica, igiene e medicina preventiva e specializzazioni equipollenti”. Si possono così arruolare anche gli specializzandi “iscritti all’ultimo e al penultimo anno di corso delle medesime scuole di specializzazione”. Non solo, se non si può pescare nelle graduatorie, finché dura l’emergenza le Asl possono “conferire incarichi individuali a tempo determinato, previo avviso pubblico, a medici in possesso dei requisiti previsti dall’ordinamento per l’accesso alla dirigenza medica nonché ad infermieri ed operatori socio sanitari”.

La selezione avverrà per titoli e colloquio. “Allo scadere dei due anni gli infermieri e gli operatori socio-sanitari, ove non abbiano ricevuto una valutazione negativa sono inquadrati a tempo indeterminato”. In questo modo il rinforzo del sistema sarebbe strutturale. Anche i medici di famiglia e di guardia potranno essere arruolati provvisoriamente tra i laureati che fanno i corsi di formazione specifica. Per i prossimi anni, infine, saranno aumentate le borse di specializzazione.

Riguardo alle strutture, le Regioni potranno “attivare, anche in deroga ai requisiti autorizzativi e di accreditamento, aree sanitarie anche temporanee sia all’interno che all’esterno di strutture di ricovero, cura, accoglienza e assistenza, pubbliche e private, per la gestione dell’emergenza Covid-19”. Se c’è bisogno di letti, “il prefetto può requisire strutture alberghiere” dove mettere le persone che non possono fare la quaranta a casa. Riguardo ai dispositivi, saranno erogati finanziamenti per la produzione di quelli non disponibili sul mercato. Se hanno di strutture sanitarie, le Regioni possono fare contratti con privati non accreditati e sospendere l’attività ambulatoriale e ospedaliera non urgente.

MILANO E LA LOMBARDIA

Estendere la zona rossa di contenimento del coronavirus ad altre zone della regione. Non più, quindi, solo ai dieci comuni lodigiani in quarantena dal 23 febbraio, ma ad almeno altre due province dove il numero dei contagi preoccupa. Che la situazione in Lombardia non fosse migliorata e che si stesse arrivando ad un allargamento della "zona rossa" lo si è capito dal numero dei nuovi contagiati e dei morti annunciati dall'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera. Ma più fonti autorevoli e incrociate sentite da Repubblica attribuiscono al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana "toni molto drammatici".


Convocando nel pomeriggio di ieri i capigruppo di maggioranza e di opposizione nel suo ufficio, e descrivendo la situazione come "molto grave", Fontana si è detto disposto a chiedere al governo anche misure drastiche come la "chiusura" di tutto il territorio per un mese. Per non rischiare, davanti a una pandemia, di dover prendere più avanti la decisione e di "chiudere per sei mesi". La decisione spetta al governo, c'è chi dice che quella di Fontana sia "un'iperbole", intanto l'ipotesi è in campo.

Ogni giorno più contagiati, più ricoverati, più decessi. Per fortuna aumentano anche i guariti dal coronavirus, ma la Lombardia, dove tutto è partito, rimane la regione dove l'epidemia galoppa. E che altre "zone rosse" siano alle porte è chiaro. Si parla di Cremona, ma soprattutto dei comuni della bergamasca dove ci sono i nuovi focolai e dove da giorni i numeri registrano un tasso di crescita esponenziale. Sono 623 i cittadini contagiati in provincia di Bergamo, in particolare nella Val Seriana, (86 solo ieri, inferiori solo ai casi di Lodi e pari a circa un quarto di quelli riscontrati in Lombardia). Off limits sono considerate Nembro e Alzano Lombardo, ma la zona rossa potrebbe riguardare tutta la Val Seriana. Ma l'assessore al Welfare Gallera si è affannato a smentire che al momento siano allo studio misure di chiusura per le grandi aree urbane, Milano in particolare. Anche se l'escalation riguarda tutte le province. E' di ieri la notiza che prefetta e questore di Bergamo e prefetto di Brescia sono risultati positivi ai tamponi.

 
La metropoli è deserta, in gran parte rassegnata a non uscire da casa. Nel fine settimana dovrebbe scadere la prima quarantena imposta a dieci Comuni della "bassa" lodigiana: c'è chi vorrebbe riaprire le fabbriche, ma revocare la "trincea" sembra impossibile. E quello che dice il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori "In questa situazione io rispetto le decisioni, obbedisco e non faccio polemiche. Attendo le decisioni del Governo" - è un po' l'idea generale di ogni primo cittadino.
Nessuno ignora che a imporre ulteriori restrizioni in Lombardia è la legge dei numeri. A ieri sera i casi erano 2.612 (su 13.556 tamponi effettuati), anche se ormai vengono sottoposti al test solo i pazienti sintomatici. Negli ospedali regionali, i malati ricoverati sono 1.931, 453 in più rispetto a giovedì. A questi, si devono poi aggiungere i 309 pazienti ricoverati in terapia intensiva.

 

Il sistema sanitario per ora regge, ma si è deciso ieri di cambiare drasticamente la strategia. Tutti gli ospedali si devono occupare dei malati di coronavirus, restando alcuni poli dedicati alle emergenze non rinviabili, dai parti alla cardiologia, fino all'oncologia. Anche i privati stanno collaborando con la sanità pubblica. Il dato della Rianimazione è cruciale: se una settimana i posti occupati erano 104, oggi sono triplicati. In aumento anche i decessi: 135 in Lombardia, 37 in più sempre nell'arco di sole 24 ore. "Stiamo aspettando le riflessioni che sta facendo il governo - osserva Gallera - speriamo che siano abbastanza celeri". Si attende infatti solo la firma del premier Conte sul nuovo decreto, probabilmente oggi, per capire quanta parte della Lombardia andrà in quarantena. La vita in queste zone dovrà svolgersi secondo le norme dal decreto ministeriale del 1 marzo scorso: divieto di accesso e allontanamento dal territorio, sospensione di manifestazioni ed eventi di carattere culturale sportivo o religioso, chiusura degli uffici pubblici e dei negozi, salvo quelli essenziali.


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