Genova. Scontri Forze dell'ordine sinistra antagonista. Picchiato dalla polizia giornalista di Repubblica finisce in ospedale. Il suo racconto. La procura indaga

di redazione 24/05/2019 CULTURA E SOCIETÀ
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Da "Repubblica" il racconto del giornalista picchiato dalle forze dell'ordine

Ho pensato di morire, non mi vergogno di dirlo. Non smettevano più di picchiarmi, vedo ancora quegli anfibi neri, che mi passavano davanti al volto e, nella testa, mi rimbomba ancora il rumore sordo delle manganellate. Su tutto il mio corpo, che cercavo di proteggere, rannicchiato in posizione fetale, scaricavano una rabbia che non ho mai incontrato prima, che non avevo mai sentito così efferata in trent'anni di professione, sempre sulla strada.

Mi trovavo in piazza Corvetto, all'angolo con via Serra, l'unica via di uscita di una piazza completamente blindata dai mezzi della polizia e dagli agenti in tenuta antissommossa. Era una buona posizione, per osservare i contatti tra a polizia e i manifestanti, c'erano già state cariche, ma mi sentivo tranquillo, proprio perchè alle spalle avevo la via di fuga. E poco prima la polizia era anche arretrata. Poi non so cosa sia scattato, non ricordo l'innesco della follia. Mi hanno detto poi che i poliziotti hanno visto un ragazzo vestito di nero e hanno lanciato la carica. So che mi sono arrivati addosso, intorno a me non c'era quasi nessuno, ero in un punto defilato. Li ho visti arrivare, avevo il cellulare in mano perchè stavo facendo qualche foto, mi sono uteriormente spostato. Ma mi sono arrivati addosso. Ho cominciato a scappare, ma non ne ho avuto il tempo


Allora ho cominciato a gridare, ancora prima che mi buttassero a terra, prima che iniziasse l'incubo. Ho gridato con tutta la mia voce: "Sono un giornalista, sono un giornalista". Mi hanno fatto cadere e hanno cominciato a picchiare: calci, manganellate, colpi da tutte le parti, non sapevo come pararli, non potevo pararli. E urlavo, urlavo, tiravo fuori la testa dalla posizione fetale che avevo assunto: "Sono un giornalista, sono un giornalista". Non si fermavano. Ero come un pallone, preso a calci. Sentivo che stavano scaricando su di me una rabbia indescrivibile, avevano un furore irrefrenabile, ero terrorizzato. Allora ho urlato ancora più forte "Basta, basta". Non si fermavano. Non so quanto sia durato. Mi sono coperto la testa con le mani nude. A un certo punto mi sono accorto che il mio corpo non resisteva più, che non riuscivo neppure più a proteggermi. Lì ho avuto paura di morire. A un certo punto è arrivato un poliziotto, Giampiero Bove, che conosco da molto tempo: si è buttato sul mio corpo, con il casco: "Fermatevi, fermatevi, cosa state facendo, è un giornalista, fermatevi", ha gridato. Mi ha salvato. Gli sarò per sempre grato. E, come automi, gli agenti hanno smesso e se ne sono andati. Come se il loro furore fosse stato spento, con un clic. 

Mi ha aiutato ad appoggiarmi a un muretto, stavo male, ha chiamato i soccorsi. Poi è arrivata l'ambulanza, durante il tragitto, mi veniva da vomitare, credo per lo shock. Ora sono ricoverato all'ospedale Galliera di Genova: i medici mi hanno detto che sulla schiena ho le impronte delle suole Vibram degli anfibi degli agenti, i segni del manganello sui fianchi. Ho una costola fratturata, due dita della mano sinistra rotte, trauma cranico per le manganellate in testa ed ecchimosi su tutto il corpo. E non ho mai pensato che potesse succedermi una cosa del genere.

Le inchieste sui fatti

Il processo per direttissima a carico dei due antagonisti sottoposti a fermo di polizia giudiziaria ieri durante gli scontri di piazza avvenuti a Genova tra antifascisti e polizia durante il comizio di CasaPound dovrebbe celebrarsi dopo le 11 in tribunale. I due sono accusati di lancio pericoloso di oggetti e resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Al momento, al presidio degli antagonisti annunciato ieri sera davanti a Palazzo di Giustizia, partecipano una trentina di persone.

 Il processo per direttissima ai due genovesi arrestati ieri durante gli scontri di piazza a Genova, uno di 51 anni e l'altro di 32 anni, potrebbe slittare in tarda mattinata o al pomeriggio. Intanto sono stati meglio precisati i capi di accusa: i reati ipotizzati sono resistenza e lesioni a pubblico ufficiale in concorso, in particolare per aver dato un pugno in faccia a un dirigente di polizia che tentava la mediazione prima che i manifestanti tentassero di sfondare il blocco che chiudeva l'accesso a via Marsala, dove era in svolgimento il comizio di CasaPound.

La procura di Genova aprirà due fascicoli sui fatti di ieri al momento entrambi contro ignoti: uno per resistenza, danneggiamento e lancio di oggetti pericolosi per i manifestanti che si sono scontrati con la polizia e l'altro contro il gruppo di poliziotti del Reparto Mobile che ha picchiato il giornalista di Repubblica Stefano Origone rompendogli due dita, una costola e provocandogli altre lesioni. Le ipotesi di reato sono lesioni aggravate dall'uso dell'arma, cioè il manganello, e dalla gravità delle lesioni. 

"E' assurdo che accadano fatti del genere. Il giornalista Origone era in piazza a svolgere il suo lavoro di cronista in modo pacifico e non so come possa essere stato scambiato per un facinoroso", ha detto il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi che questa mattina ha telefonato al giornalista di Repubblica ferito durante gli scontri tra antagonisti e polizia durante il comizio di Casapound. "Esprimo la mia più forte solidarietà - ha detto Cozzi - e il rammarico forte perché è inconcepibile quanto successo".


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