La strana morte di Imane Fadil. La procura di Milano apre inchiesta

di redazione 17/03/2019 CULTURA E SOCIETÀ
img

Imane Fadil era stata ricoverata all'Humanitas di Rozzano per una gravissima disfunzione del midollo osseo che aveva smesso di produrre globuli bianchi, rossi e piastrine. Da quanto si è saputo, i medici nel cercare le cause di questa grave aplasia midollare avevano anche pensato ad un tumore, poi escluso. Ora l'autopsia dovrebbe chiarire cosa abbia aggredito il midollo e poi gli organi vitali, portando, nel giro di un mese, alla morte.

La Procura di Milano indaga per omicidio volontario per la morte di Imane Fadil, la modella marocchina teste chiave nel processo Ruby. La donna è morta per un "mix di sostanze radioattive", secondo quanto emerso dagli esami tossicologici.  Intanto Il Centro Antiveleni dell'Irccs Maugeri di Pavia, che si è occupato del caso precisa che "non identifica radionuclidi e non effettua misure di radioattività". E che la consulenza tossicologia richiesta dalla clinica dove era ricoverata Fadil riguardava "il dosaggio dei metalli". 

Il decesso di Fadil sarebbe avvenuto – dopo un mese di agonia - a causa di un mix di sostanze ingerite. Sulla donna il 26 febbraio erano stati eseguiti da parte del Centro antiveleni di Pavia i test tossicologici. In un primo momento si era partato di mix di sostanze radioattive, ma in una nota il direttore del centro Carlo Locatelli ha precisato che il test «non identifica radionuclidi e non effettua misure di radioattività». La consulenza tossicologica riguardava solo «il dosaggio su 50 metalli metalli», su cui ora indaga la procura. I metalli individuati nel sangue di Fadil, a quanto si apprende, sono cobalto, cromo, nichel e molibdeno. Da quanto si è saputo, il primo sarebbe stato presente con un quantitativo di 0,7 microgrammi per litro. Valore molto basso se si pensa che il livello di minimo di tossicità è di 41 microgrammi per litro. A ogni modo, il cobalto potrebbe presentare degli indici di radioattività, ma il Centro di Pavia come detto non effettua questo tipo di misurazioni.

Nel 2011 Fadil, all'ìepoca 25enne, aveva deposto nel processo sul caso Ruby bis con imputati Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti con accuse di concussione e prostituzione minorile. Nei suoi racconti – era considerata testimone attendibile - ha raccontato le serate nella villa di Berlusconi - e il reclutamento suo e di altre ragazze per «intrattenere rapporti intimi» con il padrone di casa. Ha chiesto inoltre, insieme, ad altre due ragazze, Ambra Battilana e Chiara Danese, di costituirsi come parte civile per il processo Ruby Ter, con imputato Berlusconi insieme ad altri per corruzione in atti giudiziari. Richiesta però rigettata due mesi fa dai giudici della settima sezione penale di Milano con esclusione dal processo e stop all'eventuale richiesta di risarcimento.

«Io ho detto la verità in questi anni e le altre hanno raccontato il falso ai nostri danni, in quanto erano pagate per farlo», così denunciava Imane Fadil. Non solo, parlava apertamente anche durante le udienze in tribunale di una lunga trattativa con Mariarosaria Rossi, senatrice di Forza Italia, collaboratrice di Berlusconi, nonché imputata per falsa testimonianza. Al centro c'era un risarcimento extragiudiziale, con richieste milionarie, poi saltato.

Sempre secondo la sua ricostruzione la modella avrebbe più volte rifiutato proposte di corruzione: «Non ho mai preso un centesimo». E aveva citato già nel 2012 un misterioso emissario siriano, Saed Ghanaymi, che avrebbe avanzato offerte di denaro per conto di Berlusconi. Fadil aveva ipotizzato che appartenesse a un servizio segreto straniero. Ghanaymi aveva raccontato Fadil in aula, «diceva di essere amico di Berlusconi, mi disse di andare ad un incontro ad Arcore per avere dei soldi» nella primavera del 2011. La modella aveva ricostruito l'episodio. Nel «marzo, aprile 2011», aveva dichiarato, «mi recai dall'avvocato Asa Peronace, per chiedere una consulenza riguardo al fatto che figuravo tra le 33 ragazze di Arcore». Solo dopo, aveva aggiunto Fadil, «venni a sapere che quello era il legale anche delle gemelle De Vivo». Stando al racconto di Fadil, «l'avvocato mi fece incontrare quest'uomo straniero che si presentò come Marco. Lo incontrai due giorni dopo a Linate e là mi diede un telefono e una scheda per potermi chiamare e non essere intercettato». E ancora: «Mi ha chiamato tante volte e ogni volta mi diceva di prendere un taxi per andare a Arcore per avere dei soldi». Secondo la donna il siriano, dopo aver capito che lei non avrebbe accettato l'offerta, la minacciò: «Mi disse: "io fossi in te non mi scontrerei con certe persone, stai zitta"».

Da tempo Fadil aveva intenzione di scrivere un libro sulla sua verità, come ha dichiarato anche nelle aule dei tribunali. Negli otto anni di processi aveva realizzato delle bozze su fatti, pensieri e ossessioni - come l'idea di riti satanici durante le serate en travesti a casa dell'ex premier – che sono finite all'esame della procura.

La mattina del 16 marzo l'ex premier Berlusconi ha negato di conoscerla: «Spiace sempre che muoia qualcuno di giovane», ha detto. «Quello che ho letto delle sue dichiarazioni mi ha sempre fatto pensare che possano essere tutte cose inventate e assurde». Fadil però in aula aveva raccontato di otto serate a villa San Martino e di un incontro faccia a faccia con B. ed era stata considerata testimone attendibile. Lo stesso Lele Mora ha ammesso, ricordandola, di averla portata lui stesso ad Arcore.

Era "molto sospettosa", in particolare nell'ultimo anno, Imane Fadil. Stando a quanto riferito all'ANSA da chi ha avuto modo di parlarle a lungo negli ultimi mesi, la 34enne temeva anche di essere "controllata" e andava ripetendo che aveva ancora "molte cose da dire" sul caso con al centro le serate ad Arcore. Diversi testimoni sono stati sentiti dai pm in questi giorni.

 


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali