Festa del cinema di Roma. In concorso: Three identical strangers.

Il film più bello di questa edizione è questo documentario. Un viaggio doloroso verso l'abisso dell'orrore.

di 26/10/2018 ARTE E SPETTACOLO
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1980. Robert Shafran è appena arrivato al college e tutti lo stanno salutando con calore, peccato che molti lo chiamino Eddy. Ad un certo punto un ragazzo gli chiede se sia stato adottato e quando sia nato. È così che Robert scopre di avere un fratello; Edward Galland. Quando la notizia finisce sul giornale un terzo ragazzo nota la somiglianza con gli altri due, si tratta di David Kellman. Per i tre gemelli appena riunitisi dopo 19 anni comincia un periodo di fama e di divertimento. Solo molti anni dopo, grazie al lavoro del giornalista Lawrence Wright, verrà a galla l’orribile verità che sta dietro a questa storia.

 

Non ce l’abbiamo fatta ad assistere alla proiezione che seguiva Three identical strangers perché dopo questo film non è possibile guardarne un altro.

La visione del documentario di Tim Wardle è un percorso doloroso che lascia la sensazione che uno schiacciasassi ci sia passati sopra, lasciandoci attoniti e con un gusto di amaro in bocca.

Non si tratta solo di ciò che viene narrato ma della perizia con cui viene messa in scena questa storia vera.

Inizialmente Wardle ci porta su di un giro di giostra scatenato insieme a questi tre fratelli che si danno alla pazza gioia nella New York degli anni ’80.

Apparizioni tv, fama, soldi a palate, notti folli allo studio 54 e persino un’apparizione in Cercasi Susan disperatamente su richiesta di Madonna in persona.

In realtà, col senno di poi, l’assenza di uno dei tre protagonisti dalle interviste, dovrebbe suonare come un campanello d’allarme.

Poi lentamente il regista ci guida su di un nuovo sentiero, lasciando dietro di sé briciole di verità che si sommano pian piano sino a delineare un quadro di insieme soggetto a continui mutamenti man mano che il quadro si delinea nel suo insieme lasciando comunque zone d’ombra che non si dissolvono neanche col finale.

Più il racconto avanza più si aggiungono nuovi tasselli e progressivamente ci ritroviamo sprofondati in un viaggio oscuro verso l’inferno.

Impossibile dire di più senza rovinare la visione.

Fatto sta che il sorriso sui nostri volti va trasformandosi sino ad assumere le stesse fattezze di quello dei veri protagonisti della vicenda, uno sguardo vuoto e muto pieno di sgomento ed orrore.

Durante il viaggio saremo costretti a fare i conti con temi quali il libero arbitrio, l’ereditarietà delle malattie mentali ed altri temi che mai come oggi appiano fondamentali per la nostra società.

Soprattutto ci ritroveremo a fare i conti con una storia che mescola drammi personali ad oscure cospirazioni, piena di misteri insoluti e di domande senza risposte mentre assistiamo ad orrori non poi così lontani da quelli perpetrati dal nazismo se non fosse che, per un assurdo gioco della storia, sono proprio le vittime di quella follia a ritrovarsi oggi nella parte degli aguzzini.

Non sappiamo se Three identical strangers riuscirà a conquistare il premio del pubblico, l’unico previsto dalla Festa del cinema di Roma; temiamo che saranno altri titoli, più glamour e popolari, ad essere preferiti.

Per quanto ci riguarda non c’è partita alcuna.

Three identical strangers è il film più bello di questa edizione, uno dei titoli migliori di questa stagione cinematografica ed è un odei più grandi documentari che abbiamo mai visto.

Una pellicola indimenticabile che non può lasciare insensibili e che scava dentro di noi con una dolorosa e devastante potenza.

EMILIANO BAGLIO

 


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