Festa del cinema di Roma. Alice nella città. Concorso: Fiore gemello.

Un film duro, scarno e fragile di grandissima poesia e potenza.

di Emiliano Baglio 24/10/2018 ARTE E SPETTACOLO
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Esistono film fragili, con trame esili fatte più di silenzi che di dialoghi.

Pellicole che più che raccontare storie descrivono mondi, grandi o piccoli, affidandosi ai luoghi e agli sguardi e che ci parlano di frammenti di vite sospesi tra un prima magari conosciuto, magari no ed un dopo oscuro che sta a noi immaginare.

Fiore gemello, opera seconda di Laura Lucchetti è una di queste opere.

Anna (Anastasya Bogach) è in fuga (non diremo perché) da un uomo cattivo.

Basim (Kalil Khone) invece è scappato dalla miseria della Costa d’Avorio.

Si incontrano quasi per caso e come i fiori gemelli non potranno più fare l’una a meno dell’altro.

È praticamente tutta qui la trama di questo lungometraggio.

Laura Lucchetti per raccontare la sua storia di adolescenti in fuga che tocca temi come l’immigrazione clandestina, la solitudine e l’emarginazione ha scelto due esordienti che hanno vissuto sulla loro pelle l’odissea dei viaggi della speranza.

Kalil è un vero profugo ivoriano arrivato in Italia pochi mesi prima delle riprese del film.

Anastasya è arrivata in Italia a quattro anni, di notte, su un furgoncino proveniente dall’Ucraina.

Entrambi sono stati accolti dalla Sardegna dove il film è girato.

Una Sardegna lontana dall’immaginario collettivo, fatta di boschi e saline, di strade di montagna e casali abbandonati, di luoghi abbandonati e squallidi dove uomini e donne vanno a vendere il loro corpo.

Come scrive la stessa autrice nelle note di regia “…Li ho messi dentro la natura, nelle saline,nei boschi, sul greto di ruscelli nascosti e sono diventati natura essi stessi. Fra il rumore assordante degli esseri più piccoli, più indifesi – libellule, ragni, formiche – che sono il cuore di questo film…”.

Ed in effetti è proprio il paesaggio il fulcro di quest’opera fatta di pochissimi dialoghi (Anna non parla a causa del trauma subito), di luoghi isolati e solitari attraversati da questi due ragazzi invisibili.

Nel loro peregrinare i due incontrano altre solitudini, altri emarginati come loro.

Un uomo che si prostituisce, un fioraio (Giorgio Colangeli) in fuga dal mondo rifugiatosi in un piccolo paese che sarà l’unico che li aiuterà.

Dormono dove possono, in case diroccate, tra le saline, nei boschi sopravvivendo alla bella e meglio e sognando (soprattutto Kalil) una fuga forse impossibile verso il Nord Europa.

Fiore gemello è un film tanto scarno quanto ruvido che sceglie coscientemente di immergere i propri personaggi nel paesaggio che diventa esso stesso protagonista della vicenda.

Laura Lucchetti descrive un’umanità solitaria e proprio la solitudine ed il suo peso è un altro dei temi affrontati dalla pellicola.

Persino l’uomo che insegue Anna alla fine è divorato dalla solitudine, persino lui ed il suo sporco ed infame “lavoro” sono un’altra faccia di quell’emarginazione che vivono sulla loro pelle tutte le figure che attraversano la vicenda e che hanno provato in prima persona i giovani e bravissimi attori.

Fiore gemello come dicevamo all’inizio è un film fatto di nulla, un’opera dura che lascia un segno profondo, come una ferita in chi la guarda.

E che ci lascia sospesi a guardare quel bosco consapevoli che forse un futuro diverso e migliore non ci sarà mai.

EMILIANO BAGLIO

 


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