Festa del cinema di Roma. Concorso: The hate u give.

La denuncia della brutalità razzista della polizia americana vista attraverso gli occhi di un'adolescente divisa tra due mondi.

di Emiliano Baglio 23/10/2018 ARTE E SPETTACOLO
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Starr (Amandla Stenberg) ha 16 anni e vive nel quartiere popolare di Garden heights, di fatto un ghetto per afroamericani. I genitori (Regina Hall e Russell Horsby) iscrivono lei ed i suoi fratelli alla prestigiosa Williamson Prep School, frequentata invece da bianchi ricchi. Starr si ritrova così divisa tra due realtà destinate ad entrare in conflitto quando sarà testimone dell’uccisione del suo amico Khalil (Algee Smith), freddato da un poliziotto proprio mentre stava riaccompagnando a casa la ragazza.

 The hate u give in fondo potrebbe essere una storia vera ed in parte è così. Il film infatti è la trasposizione dell’omonimo romanzo, scritto da Angie Thomas in seguito all’uccisione di Oscar Grant.

C’è però qualcosa che differenzia la pellicola di George Tillman Jr. da altri film che mettono sotto accusa la brutalità razzista della polizia americana e sta nello scegliere il punto di vista di un’adolescente e nell’allargare lo sguardo.

The hate u give è innanzitutto la storia di Starr e della sua vita di ragazza divisa tra il mondo del ghetto e la scuola frequentata da ricchi bianchi, del suo cambiare continuamente volto per adattarsi alle diverse realtà. Ma è anche la storia delle sue amicizie, quelle nuove nate sui banchi di scuola e quelle che si porta dietro da una vita, è la storia delle sue prime cotte e del rapporto con la sua famiglia che le ha inculcato sani principi cercando di tenerla lontana dalle gang.

Tillman costruisce un film nel quale diverse storie si intersecano cercando di dare vita ad un quadro più ampio.

Certo lo spirito di denuncia è presente ed è forte e bisogna dire che anche la retorica presente nel film è perfettamente funzionale allo scopo di scatenare l’indignazione dello spettatore.

Stavolta però c’è anche il tentativo di dipingere un’intera comunità ed in particolare la famiglia si Starr andando al di là dei soliti cliché.

Unica testimone dell’uccisione del suo amico, Starr a lungo si chiederà cosa sia giusto fare anche perché Khalil faceva parte di una potente gang locale e la sua testimonianza potrebbe mettere in pericolo lei e la sua famiglia.

Anche perché il boss locale è il patrigno di uno dei suoi fratelli e suo padre faceva parte anche lui della stessa gang.

Al tempo stesso farsi avanti rischierebbe di trasformarla, agli occhi dei suoi compagni di scuola, nella povera ragazza del ghetto.

La giovane dovrà fare i conti con tutto questo mentre il film mescola il dramma familiare con l’impegno civile, tra vendette della gang nei confronti della famiglia della testimone, indagini di polizia e rivolte nelle strade.

Quello che colpisce è che, ancora una volta, al centro della pellicola c’è la famiglia.

Un tema che abbiamo ritrovato in molti altri titoli della festa, da Butterfly a Il mistero della casa del tempo, passando per il nuovo Halloween e per Boy erased che, per un caso del destino, abbiamo visto proprio subito prima di questo.

Saranno proprio i principi della famiglia di Starr, in particolare gli insegnamenti paterni, a spingere la ragazza a fare la cosa giusta sino a diventare portatrice di pace (come insegnano i testi di 2Pac) spezzando quelle catene dell’odio e della vendetta che inquinano il suo mondo.

 

EMILIANO BAGLIO


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