Loro 2. Sorrentino alle prese con l'inafferrabilità del potere

di Emiliano Baglio 22/05/2018 ARTE E SPETTACOLO
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Scrivevamo nella recensione di Loro 1 (http://www.euroroma.net/6835/ARTEESPETTACOLO/loro1-sorrentino-alle-prese-con-berlusconi-e-con-il-fascino-decadente-del-potere.html) che “Berlusconi appare sfuggente, innanzitutto allo stesso Sorrentino che appare quasi intimidito dalla sua figura, incapace di coglierlo e dipingerlo pienamente.”

Il Loro 2 è lo stesso Sorrentino ad ammettere la sconfitta quando fa dire a Servillo/Berlusconi una frase che suona più o meno così; “la sinistra cerca di inquadrarmi ma non ci riesce”.

L’impressione fortissima è che Loro 2 racconti proprio dell’impossibilità da parte del regista di cogliere e fissare definitivamente il personaggio sullo schermo, com’era già successo a Il caimano di Moretti e a Belluscone di Maresco.

Ne viene fuori una seconda parte sfilacciata ed episodica che si perde per strada, come se Sorrentino, giunto il momento di tirare le fila, si fosse trovato in una impasse.

Quello che resta sono una sere di episodi tenuti insieme alla meno peggio con una serie di buchi di sceneggiatura e salti improvvisi.

Momenti indimenticabili ce ne sono ancora, primo tra tutti il balletto sulle note di “Meno male che Silvio c’è” ma quel che manca è una visione di insieme e soprattutto una sceneggiatura degna di questo nome.

Il risultato è che da una parte la storia di molti personaggi viene conclusa frettolosamente con singole scene, mentre dall’altra all’immagine si sostituiscono i dialoghi.

In Loro 2 si parla continuamente, tutte le suggestioni visive del primo capitolo vengono sostitute da scambi di dialoghi, alle volte brillanti come nel caso del mostruoso pezzo di bravura di Servillo nel doppio ruolo di Berlusconi ed Ennio (Doris probabilmente), altre volte imbarazzanti.

È il caso del confronto tra Veronica Lario ed il marito che diventa il mezzo attraverso il quale Sorrentino sembra preoccuparsi di far capire a tutti che lui è antiberlusconiano, finendo col diventare inutilmente didascalico e caricando il film di messaggi politici di cui nessuno sentiva il bisogno.

Tuttavia un ultimo colpo d’ala c'è, e lo riserva il finale quando il titolo del film compare in sovraimpressione sui volti di alcuni vigili del fuoco seduti tra le rovine de L’Aquila danneggiata dal terremoto.

Improvvisamente (ci si perdoni il gioco di parole), loro diventano LORO, questi volti stanchi si sostituiscono al rutilante mondo delle feste berlusconiane, forse il volto del paese reale si sostituisce alla narrazione impressa da Berlusconi.

Ma non vogliamo fare anche noi l’errore di voler vedere a tutti i costi chissà quale messaggio in quest’ultima sequenza.

Piuttosto ci sembra un buon viatico per il futuro. Sorrentino infatti ha dichiarato che con questo film si chiude un ciclo.

Chissà che i suoi prossimi film non ripartano proprio da qui e che il regista non ci sorprenda facendo prendere al suo cinema nuove e (per il momento) inesplorate strade.


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