Primo maggio. La festa che non c'è. In crescita il numero di chi trascorrerà la festa lavorando.

di redazione 30/04/2018 ECONOMIA E WELFARE
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Sicurezza sul lavoro e riposo nei giorni di festa. Questi i due leit motiv del primo maggio 2018. Da una parte la manifestazione organizzata a Prato da Cgil, Cisl e Uil per mettere al centro dell’attenzione l’aumento delle morti sul lavoro . Dall’altra gli scioperi del commercio per costringere supermercati, negozi e centri commerciali a tenere abbassate le saracinesche. Questo il "menù" proposto dai sindacati per questa festa del Lavoro.

L’appuntamento a Prato è alle 10 del mattino. Saranno presenti i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo che parleranno in piazza del Duomo a partire dalle 12. Prima della manifestazione i leader delle tre confederazioni deporranno una corona al cimitero monumentale di Torano, una frazione nel comune di Carrara in ricordo della tragedia avvenuta alla cava marmifera dei Bettogli il 19 luglio del 1911, in cui persero la vita 10 lavoratori. Nel pomeriggio si terrà come ogni anno il Concertone in piazza San Giovanni a Roma, promosso da Cgil, Cisl e Uil e organizzata da iCompany. Una maratona musicale trasmessa in diretta tv su Rai3 e in diretta radio da RaiRadio 2.

Fino a qualche anno fa la festa era rispettata da quasi tutte le categorie di lavoratori.

Certo qualcuno lavorava, ma erano in pochi. Le trattorie, qualche bar e tutti coloro che bene o male non potevano fare altrimenti, medici, infermieri, benzinai, taxisti, farmacisti, vigili del fuoco e così via a cominciare dai servizi pubblici essenziali. Ma la Festa del Lavoro non era certo una giornata per fare shopping, ordinare la cena a casa, fare la spesa. Se ti eri dimenticato di acquistare il pane e il latte dovevi attendere il giorno dopo. La cena, se avevi il frigo vuoto, la facevi in trattoria o con fave e pecorino, vendute da qualche contadino lungo la strada. Non è più così.

Siamo nell'economia H24, globalizzata, figlia della legge che ha liberalizzato le aperture, ma anche della gig economy, dove orari di lavoro e diritti poco contano visto che i tanti giovani e meno giovani che ti portano la cena a casa sono considerati, almeno fino a oggi, "operatori indipendenti". E i lavoratori eseguono: se il centro commerciale li chiama a lavorare il primo maggio non è che puoi dirgli di no.Se lo fai è a tuo rischio e pericolo.

Va bene così? No. I commercianti (i piccoli di Confcommercio) non sono tanto d'accordo. Denunciano che la deregulation ha già portato alla chiusura di 90mila piccoli esercenti. E nemmeno i sindacati sono a favore della deregulation, a inziare dalla Cgil. "Tenere i negozi aperti il 25 aprile e il primo maggio credo sia profondamente sbagliato - ha dichiarato la segretario generale Susanna Camusso - e non si capisce perché non si possa riconoscere a tutti coloro che non sono ai servizi essenziali, di partecipare a iniziative e manifestazioni che rappresentano feste civili importanti, la liberazione, la Festa del lavoro e il 2 giugno". Dello stesso parere la Fisascat-Cisl, che ribadisce la forte contrarietà alle aperture degli esercizi commerciali sdoganate a partire dal 2011 con l'approvazione del decreto "Salva Italia" voluto dal governo Monti. Varato in un periodo di forte crisi voleva rilanciare i consumi e far ripartire l'economia, ma oggi qualcuno inizia a chiedersi se non sia il caso di rivederlo. E oltre ai sindacati, anche i piccoli esercizi commerciali, già colpiti dall'arrivo della grande distribuzione organizzata, sono contrari. "Quel decreto - spiega Pierangelo Ranieri segretario generale Fisascat-Cisl - non ha sortito l'effetto sperato sugli aumenti di fatturato delle imprese, ma ha generalizzato una concorrenza spietata e ampliato le vertenze nel settore del commercio". L'invito dei sindacati è allo sciopero, che già s'è fatto sentire in alcune catene commerciali soprattutto al Nord per il 25 aprile e che potrebbe ripetersi il primo maggio in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia Liguria, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Puglia. Un disegno di legge per cambiare le aperture dei negozi liberalizzate è pronto, ma è fermo in un Senato che per ora è immobilie.

Nel mirino c’è sempre la legge Monti che dal 2012 consente aperture h24, 365 giorni all’anno, e che da tempo le organizzazioni del lavoratori chiedono di modificare per difendere il valore sociale della festività. Scioperi regionali sono stai indetti dai sindacati in Lazio, Puglia e Sicilia, in Liguria dalla sola Filcams Cgil, mentre Cisl e Uil hanno propongono l’astensione dal lavoro. Scioperi territoriali sono poi in agenda in Lombardia, mentre altri appelli all’astensione dal lavoro sono stati lanciati in Piemonte, Emilia Romagna e Umbria. «Credo che sia profondamente sbagliato avere i negozi aperti nelle tre feste civili del nostro Paese che sono il 25 aprile, 1 maggio e il 2 giugno» ha dichiarato nei giorni scorsi il segretario della Cgil, Susanna Camusso, chiedendo perché non si possa riconoscere, a tutti coloro che non sono in servizi essenziali, di poter partecipare a iniziative, manifestazioni e di trascorrere del tempo libero». 

Secondo i sindacati la completa liberalizzazione degli orari e delle aperture domenicali e festive, anno dopo anno, si sta rivelando disastrosa, non ha portato nessun aumento dell’occupazione e nessun aumento dei consumi, come dimostrano i tanti negozi dei centri storici chiusi e le procedure di licenziamento fatte dalle aziende della Grande distribuzione, anche quelle che hanno scelto il “sempre aperto h24”. Inoltre sono peggiorate le condizioni di lavoro, gli orari, la vita delle lavoratrici e dei lavoratori, è aumentata solo la precarietà. No a lavorare per le feste!".

Gli italiani che andranno al lavoro comunque ci saranno. Secondo la Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, saranno oltre 600mila gli addetti al lavoro tra bar, ristoranti, stabilimenti balneari, locali da ballo e in generale tutto il comparto del fuoricasa. E se si aggiungono tutti gli altri, compresi i professionisti o gli operatori che da sempre lavorano anche la domenica, si arriva a cinque milioni di italiani, secondo i calcoli della Cgia di Mestre. Per loro più che una festa sarà un giorno come un altro, anzi forse più faticoso del solito.

 Per quanto riguarda il primo maggio che i sindacati vogliono a portafogli chiusi e senza shopping, scioperi della categoria del commercio sono stati indetti a livello regionale in Toscana , Emilia Romagna, Liguria, Puglia e Lazio. Si tratta di proteste indette in modo unitario. Fa eccezione solo la Liguria dove lo sciopero è indetto solo dalla Cgil.


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