In Brasile è guerra ai diritti umani. Uccisa in un agguato Marielle Franco militante per i diritti civili

di redazione 15/03/2018 ESTERI
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L’omicidio mirato di Marielle Franco, 38 anni, difensora dei diritti umani e consigliere comunale di Rio de Janeiro, è un episodio estremamente preoccupante su cui le autorità brasiliane dovranno indagare in modo approfondito. E’ quanto si legge nel comunicato di Amnesty International sul brutale agguato di Marielle Franco che è stata uccisa a Rio la notte tra il 14 e il 15 marzo. Nell’agguato ha perso la vita anche il suo autista mentre un addetto stampa è rimasto ferito.

Un agguato nel cuore di Rio. Muore colpita da 5 proiettili Marielle Franco, notissima militante per i Diritti Umani, quinta tra le più votate alle ultime elezioni amministrative, consigliera del Partido Socialismo e Libertade (PSOL), costola di fuoriusciti dal PT. Una scena drammatica, come ne capitano purtroppo molte nella capitale carioca ferita da una violenza inarrestabile.

Con Marielle muore anche l’autista, Anderson Pedro Gomes. Sulla macchina che la stava portando ad un appuntamento c’era la consigliera del partito Fernanda Chaves rimasta miracolosamente illesa. La polizia parla apertamente di agguato. Marcelo Freixo, deputato del PSOL e amico della vittima si spinge oltre: “E’ stata un’esecuzione”.

Accade mercoledì mattina. Lungo rua Joaquim Palhares, a Estácio, il traffico è come sempre intenso. L’auto con Marielle Franco avanza a fatica. E’ ferma ad un incrocio. I killer sono già piazzati sull’angolo opposto. Sono tre, forse quattro. Attraversano la strada pistole in pugno. Esplodono colpi in rapida successione. La macchina è crivellata. Cinque raggiungo l’attivista, due il suo autista. La gente fugge terrorizzata, cerca scampo dietro altre auto

La notizia in pochi minuti fa il giro della città. I social rilanciano e condividono le prime foto dell’agguato e una pioggia di commenti, di insulti, di reazioni rabbiose invade la rete. Marielle era molto nota. Meticcia, lo sguardo sorridente, i capelli fitti ricci, orecchini di piume che le pendevano dai lobi, aveva criticato nei giorni scorsi gli interventi della polizia militare e dei soldati a Acari, una enorme favela nell’estremo nord di Rio. Lunedì c’era stata un’incursione dei corpi speciali e cinque ragazzi erano stati freddati. “Dobbiamo raccontare cosa sta accadendo a Acari”, aveva scritto su Facebook la consigliera uccisa, “Dobbiamo gridare al mondo e far sapere a tutti l’azione brutale e selvaggia della polizia”. Quindi, un’accusa ancora più grave: “Il 41 Battaglione della Polizia Militare di Rio sta terrorizzando e stuprando i residenti della favela. Questa settimana due giovani sono stati uccisi e gettati in un burrone. Oggi la polizia ha camminato per le strade minacciando i residenti. Accade sempre e con i nuovi interventi gestiti anche dall’esercito la situazione è peggiorata”.

Una denuncia pesantissima. Lanciata da un consigliere importante. Una donna che conosce bene quella realtà e che per Acari si batte da anni. Ma il suo atto d’accusa colpisce anche il controverso decreto che affida la gestione della sicurezza all’esercito. Dal 28 febbraio, Marielle Franco fa parte della Commissione che esamina il provvedimento. Le sue critiche sono legate all’attentato. Amnesty International chiede un’inchiesta rigorosa e approfondita che faccia subito chiarezza e giustizia. “Mirella era una figura riconosciuta”, dice un comunicato, " per il suo impegno in difesa dei diritti umani, specialmente a sostegno delle donne nere e meticce delle favelas e nella denuncia della violenza poliziesca"

Laureata in pubblica Amministrazione si era specializzata nelle Upp, le Unità di pacificazione create ai tempi di Lula e la Rousseff all’interno delle favelas di Rio. Aveva ricoperto numerosi incarichi e con altre donne di colore si batteva per i diritti delle minoranze, spesso più colpite di altri. Lascia una figlia di 19 anni. “Sono devastato”, twitta Luiz Eduardo Soares, specialista in sicurezza pubblica. “Penso all’omicidio di Patricia Acioly, avvenjto nel 2011, sempre per mano della Polizia Militare. Credo che i due casi abbiano lo stesso movente e la stessa regia”. Michel Temer convoca una riunione di emergenza. Il suo decreto sulla sicurezza si sta rivelando un disastro. Oggi decine di manifestazioni in tutto il Brasile.

Questo fatto agghiacciante costituisce un ulteriore esempio dei pericoli cui vanno incontro i difensori dei diritti umani in Brasile. Come esponente della Commissione per i diritti umani dello stato di Rio de Janeiro, Marielle difendeva tenacemente i diritti delle donne e dei giovani neri delle favelas e altre comunità emarginate”, ha dichiarato Jurema Werneck, direttrice di Amnesty International Brasile.

Marielle era anche nota per le sue denunce sull’operato illegale delle forze di polizia e sulle esecuzioni extragiudiziali.

Le autorità brasiliane devono garantire un’inchiesta immediata, esaustiva e imparziale su questo tragico omicidio. Lo stato deve proteggere la persona rimasta ferita ed eventuali testimoni, identificare i motivi per cui Marielle è stata assassinata e portare i colpevoli di fronte alla giustizia. Il governo non può stare a guardare quando i difensori dei diritti umani vengono uccisi impunemente”, ha commentato Werneck.

Marielle era stata eletta nel consiglio comunale di Rio de Janeiro nel 2016. Due settimane fa era stata nominata relatrice di una commissione speciale, creata dal consiglio comunale, per monitorare la progressiva militarizzazione della sicurezza e l’impiego di forze di sicurezza federali nella città.

Nelle ultime settimane l'attivista aveva denunciato un aumento della violenza della polizia nelle favelas. Si era inoltre opposta alla decisione del presidente brasiliano, Michel Temer, di affidare ai militari la sicurezza di Rio per contenere l' escalation di violenza che si è verificata dalla fine dei Giochi olimpici del 2016.

Le violenze della forze dell'ordine e la collusione di queste ultime con la malavita organizzata e i politici corrotti sono state denunciate anche in film come "Tropa de Elite", premiato con l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 2008

Mille chilometri più a ovest, un altro agguato. Tre colpi nel cuore della foresta. Di notte. Nel buio più completo. Resta a terra Paulo Sérgio de Almeida Nascimento, 37 anni, noto ambientalista dell’Amazzonia brasiliana, figura di spicco di Caboclos, Indigenas e Quilombolas da Amazônia (CAINQUILAMA), un’associazione che di batte per i diritti delle popolazioni indigene locali. Una vera esecuzione portata a termine da tre sicari che si erano nascosti nella boscaglia.

Paulo Sérgio è stato colpito mentre usciva dalla sua capanna, immersa nella foresta pluviale, per andare in bagno come sempre piazzato all’esterno. I killer sono fuggiti senza lasciare traccia. La polizia è andata sul posto, ha raccolto qualche prova ma non sembra decisa ad indagare a fondo. L’avvocato della vittima sostiene che gli agenti locali della Polizia Federale siano coinvolti. Anzi, potrebbero essere loro stessi gli assassini che, secondo alcuni abitanti del villaggio, avrebbero più volte minacciato l’attivista ambientale.

Paulo Sérgio de Almeida Nascimento era diventato famoso per aver denunciato una grave perdita di rifiuti altamente tossici da una diga che sorge a valle della miniera gestita dalla Hydro Alunorte, la multinazionale norvegese più grande produttrice di alluminio al mondo. L’associazione di cui Sérgio era uno dei direttori aveva detto che quel tratto di foresta era stato contaminato da residui di bauxite e dal travaso di soda caustica dalla diga. La Hydro aveva reagito negando con forza la perdita ma era stata poi costretta ad ammettere l’emissione del potente veleno. I risultati delle analisi di un laboratorio di ricerca del Pará avevano accertato un alto livello di contaminazione delle acque dei fiumi della regione che alimentano la popolazione di Barcarena e alcune cittadine vicine.

 


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