Moby Prince. Niente nebbia a Livorno quella notte. Errori e depistaggi nell'inchiesta della Commissione parlamentare

di redazione 24/01/2018 CULTURA E SOCIETÀ
img

Non è stata la nebbia la causa della collisione fra il Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo. E quest’ultima era in un posto dove non poteva stare. C'era un radar alla stazione piloti, perché la capitaneria non l'ha usato per sapere chi era coinvolto nell'incidente,  non una "bettolina" del mare, ma un traghetto pieno di passeggeri diretto in Sardegna? Azzera molte delle "verità" rimaste nelle carte precedenti, cancella certezze e consegna nuovi scenari e qualche interrogativo senza risposta, la commissione parlamentare d’inchiesta sulla tragedia del Moby Prince.

140 morti nelle fiamme e per l'incapacità di intervenire da parte di chi doveva.  che si sono scatenate sul traghetto il 10 aprile 1991 salpato alle 22,03 e schiantatosi contro la petroliera alle 22,25 quando viene lanciato il Mayday che nessuno ascolta: "Moby Prince, Moby Prince siamo entrati in collissione..." . Quasi due ore senza soccorsi, come in preda a un'amnesia collettiva, e sul traghetto si legge ora, "qualcuno poteva essere salvato". Perché non è vero, dicono i periti, che sono morti tutti nel giro di trenta minuti.

 

 

 

 

LIVORNO. 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince della Navarma salpa da Livorno diretto a Olbia. Il porto toscano sembra una base americana, pieno com’è di navi militari di ritorno dal conflitto nel Golfo. Aveva mollato gli ormeggi alle 22.03 dal porto di Livorno, mezz'ora più tardi era già consumata dal fuoco alla deriva nella rada del porto toscano, una bara galleggiante. La prua del traghetto era finita contro la petroliera Agip Abruzzo, che lanciò l'allarme per un incendio a bordo dopo la collisione con una bettolina.

 

 

Dentro il Moby, le immagini dei soccorritori A vent'anni dalla tragedia il Tirreno pubblica in esclusiva le immagini girate dai Vigili del Fuoco dentro il Moby Prince poco dopo il disastro. Le riprese e le diapositive dei soccorritori e lo scenario infernale che si trovarono di fronte nel traghetto della morte.

 I soccorsi si concentrano sulla petroliera, solo per caso alle 23.35 due ormeggiatori si avvicinarono al traghetto in fiamme. Troppo tardi. 140 persone a bordo erano morte tra le fiamme, la più grande tragedia della marineria civile italiana. Solo un superstite il mozzo Alessio Bertrand che, aggrappato al bordo del Moby, fu salvato proprio dagli ormeggiatori che lo convinsero a gettarsi in acqua. A distanza di 27 anni da quella maledetta notte, ecco la relazione della Commissione d'inchiesta parlamentare, che attacca i soccorsi e giudica l'indagine "superficiale".

«Come abbiamo fatto a scoprire noi che a finire contro la petroliera non era stata una bettolina bensì il Moby Prince? Abbiamo dato retta all’istinto: eravamo sotto l’Agip Abruzzo offrendo aiuto ai marittimi nel caso volessero abbandonarla, abbiamo sentito che i soccorritori stavano dando l’allarme perché qualcuno aveva notato avvicinarsi una nave che si muoveva come se nessuno la guidasse, era senza più governo in mezzo a quel caos. È stato un flash, abbiamo capito che doveva avere qualcosa a che fare con qualcosa di strano che avevamo scorto poco prima: come un inverosimile baluginare di fiamme dietro una sagoma scura. E ci siamo buttati da quella parte».

Sono a bordo dell’imbarcazione della Coop ormeggiatori, sette metri di vetroresina, quasi un guscio di noce in mezzo al bailamme di fuoco. la fine dei 140 morti non è stata affatto istantanea: non c’è stata una “bomba atomica” che in un attimo ha polverizzato tutto. Basti pensare che quasi la metà dei cadaveri è stata trovata nel salone deluxe protetto dalle porte tagliafuoco… Dopo che Valli e Mattei hanno consegnato il mozzo alla motovedetta si ributtano nella mischia. Solo che intanto «il Moby è sparito», come dice Mattei. I motori erano ancora in funzione e il traghetto continuava a girare chissà dove. Si rimettono a caccia della nave fantasma e, complice anche una scia di odore di petrolio, riescono a ritrovarla. Non è una palla di fuoco come ci si immaginerebbe, ma «qualcosa che assomigliava al bruciatore di una caldaia: le lingue di fuoco uscivano dagli oblò», racconta Mattei. È come se il petrolio fosse stato inghiottito: il rogo è nella “pancia” del traghetto.

 

Oggi al Senato la commissione presieduta da Silvio Lai (Pd) consegnerà la relazione finale ai familiari delle vittime, a quelli che in tutto questo tempo si sono battuti per una verità diversa da quelle processuali che puntavano l'indice sulla nebbia o su un errore umano. «Due anni di lavoro sono serviti alla commissione per fissare alcuni punti fermi che in tanti anni erano rimasti in secondo piano». Per esempio il fatto che il comando dell'Agip Abruzzo (348 metri, 82mila tonnellate di petrolio greggio) «non ha posto in essere condotte pienamente doverose», la sagoma del traghetto «era inconfondibile dal ponte della petroliera e fu percepita con precisione». E allora perché non venne dato subito l’allarme? Perché i soccorsi si sono concentrati tutti e soltanto sulla petroliera e sul suo equipaggio? Dalle 161 pagine redatte dai parlamentari dopo 73 sedute, emergono forti le responsabilità della capitaneria di porto di Livorno: «ci fu impreparazione e inadeguatezza nei soccorsi». Il personale aveva un addestramento adeguato? ci si interroga nel rappporto.

La relazione della commissione parlamentare, nella premessa, ammette che a distanza di tanto tempo non sono stati risolti tutti i dubbi, ad esempio resta un mistero il tragitto compiuto dall’Agip Abruzzo: «ci sono punti non congruenti sulle attività della petroliera e sul tragitto compiuto prima di arrivare a Livorno. Veniva da un porto egiziano come sostenuto ufficialmente, aveva fatto scalo in Sicilia come appreso dalla commissione o proveniva da un altro porto ancora come risulta dalla documentazione acquisita dai Lloyd?».

 Una parte importante dell’inchiesta riguarda la vicenda assicurativa e uno strano accordo firmato in fretta e furia, due mesi dopo la tragedia, fra Navarma e Snam- Agip e custodito alle Bermuda ( è stato recuperato dalla guardia di finanza) rimasto finora sconosciuto: le parti si accordano per non attribuirsi reciproche responsabilità. Altra anomalia: "appare anche il fatto che a fronte di una valorizzazione a bilancio Navarma 1991 del traghetto Moby Prince per circa 7 miliardi di lire, il traghetto stesso è stato assicurato per 20 miliardi di lire, come sul fatto che l’assicurazione ha liquidato i 20 miliardi per la perdita totale del traghetto nel febbraio del 1992, quando erano ancora in corso le indagini preliminari, con Achille Onorato, in quanto armatore Navarma, indagato. Il fatto è stato certamente favorito dall’accordo armatoriale del giugno 1991 Snam/Agip/Padana/Skuld".

 C’è poi il capitolo delle ricerche infondo al mare dove giacciono ancora i resti degli scafi, piccole parti di entrambi. Recuperarli, dice la commissione, può servire a stabilire l’esatto luogo dell’impatto e a questo lavora la Marina. "Possono aiutare a stabilire l'esatto punto della collisione". Un elemento importante ai fini dell'esatta ricostruzione della dinamica. La Marina militare ha già effettuato un sopralluogo e si pensa di ispezionare il fondale con nuovi strumenti tecnologici, come per esempio i robot sottomarini.
Legata ai soccorsi c’è la questione di quanto potevano essere sopravvissute le persone a bordo del traghetto in fiamme. Si diceva al massimo 30 minuti, ma diversi fra testimoni e periti tendono ad allungare i tempi, in certe aree della nave e questo elemento non è un dettaglio: significa che soccorsi migliori avrebbero potuto salvare delle vite.

L'impatto del traghetto con la petroliera è delle  22,25.  La commissione in base alle testimonianze raccolte esclude la nebbia come causa e anche la velocità. Di certo la Moby ad un certo momento vira di 30 gradi: perché? Una delle ipotesi è che vi fosse stata una esplosione a bordo. Secondo alcune perizie la Moby trasportava esplosivo ad uso civile. "Il Ministro degli Interni Vincenzo Scotti, in un appunto del Capo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Prefetto Parisi inviato alla sua attenzione il 28 gennaio 1992, conferma la presenza di tracce di esplosivo «a uso civile» rinvenute in un locale a prua del traghetto. In un altro appunto lo stesso Prefetto Parisi aveva riferito al Ministro Scotti di tracce di tritolo e di nitrato di ammonio rinvenute nei locali di alloggiamento dei motori elettrici delle eliche di prua del traghetto". Esclusa la pista terroristica, escluse nuove ispezioni dal momento che il Moby è stato smembrato appena tre anni dopo l'incidente: l'ipotesi più probabile resta quella di un'avaria al timone. Di certo dopo la collisione il Moby resta incastrato all'interno della petroliera e per disincagliarsi fa una retromarcia. 


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali