Morte Riina. Autopsia e funerali in forma privata e senza avallo religioso. Fino alla fine ha rivendicato la strategia della violenza e degli attentati

di redazione 18/11/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Si terrà questa mattina l'autopsia sul corpo di Totò Riina, il boss di Cosa Nostra morto ieri all'ospedale di Parma. Successivamente è prevista la visita dei familiari ed il probabile nulla-osta della Procura alla sepoltura nel cimitero di Corleone. Sul decesso è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo, escamotage evidente per consentire gli accertamenti medico-legali.

Su Repubblica il ministro dell'Interno Minniti lancia un appello: 'Per la politica è venuta l'ora di firmare un 'patto di civiltà' in nome della democrazia: tutti i partiti sottoscrivano un impegno solenne, un rifiuto esplicito di ricercare e ricevere il voto delle mafie'. Il presidente del Senato Grasso rivela alla Stampa: 'Dopo le stragi Falcone e Borsellino, nell'autunno del '92, Riina aveva deciso che sarebbe toccato a me'.

Per disporre l'autopsia sulla salma del boss mafioso il pm di Parma, Umberto Ausiello, ha ipotizzato il reato di omicidio colposo. Il fascicolo è a carico di ignoti. Di conseguenza ha informato del procedimento, in quanto persone offese, la moglie di Riina Antonina Bagarella, e i figli Maria Concetta, Giuseppe, Lucia e Giovanni. Il pm ha nominato consulente tecnico Rosa Gaudio dell'istituto di Medicina legale di Ferrara.

Riina, per gli inquirenti, nonostante la detenzione al 41 bis da 24 anni, era ancora il capo di Cosa nostra. Riina era malato da anni, ma negli ultimi tempi le sue condizioni erano peggiorate tanto da indurre i legali a chiedere un differimento di pena per motivi di salute. Istanza che il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha respinto a luglio. Quando ormai era chiaro che le sue condizioni erano disperate, poche ore pirma del decesso, il ministro della Giustizia ha concesso ai familiari un incontro straordinario col boss. Riina stava scontando 26 condanne all'ergastolo per decine di omicidi e stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati del '92 in cui persero la vita Falcone e Borsellino e quelli del '93, nel Continente.

Riina ha confermato quanto Giovanni Falcone ripeteva: ufficialmente, Cosa nostra non prende ordini da forze esterne. Ma qualcuno, in Cosa nostra, ha avuto intense relazioni con uomini della società civile, della politica e delle istituzioni. Relazioni ancora avvolte da tanti, troppi misteri. Lo diceva anche Riina.

Si vantava dell'omicidio del generale Dalla Chiesa: "Quando ho sentito alla televisione, promosso nuovo prefetto di Palermo, distrugge la mafia... prepariamoci gli ho detto, mettiamo tutti i ferramenti a posto, il benvenuto gli dobbiamo dare". Ma in un'altra occasione, Riina precisava che Cosa nostra non c'entra niente con le carte scomparse dalla cassaforte del prefetto.

"Io ho fatto sempre l'uomo d'onore, la persona seria", diceva. E ancora: "Io sono un gran pensante. Io sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto".

Lo ribadiva anche per Borsellino. Rivendicava la strage nel corso di quelle ultime intercettazioni, ma teneva a precisare: "I servizi segreti gliel'hanno presa l'agenda rossa". E in un altro passaggio ricordava la risposta data al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari durante un interrogatorio in cui gli era stato chiesto di suoi eventuali contatti con i servizi segreti: "Se mi fossi incontrato con questi, non mi chiamerei più Salvatore Riina".

Nella "versione di Riina"  lui era sempre il boss duro e puro. Ma poi gettava ombre sui suoi compagni. "Mi spiace prendere certi argomenti - diceva dell'amico di sempre, parlando della stagione delle stragi - questo Binnu Provenzano chi è che gli dice di non fare niente? Qualcuno ci deve essere che glielo dice. Quindi tu collabori con questa gente... a fare il carabiniere". Negli ultimi tempi, Riina accusava anche i fedelissimi Madonia di rapporti con uomini dello Stato: "Erano confidenti dei servizi segreti". E pure al pupillo Matteo Messina Denaro dava del "carabiniere".

Riina ha continuato a essere il mafioso di sempre, ha provato fino all'ultimo a dire tutto e il contrario di tutto. Per non far distinguere la verità, quella che cercano ancora i magistrati. "Bisognerebbe ammazzarli tutti", diceva lui. "C'è la dittatura assoluta di questa magistratura". Sono state le sue ultime parole intercettate.


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