Fast Food. Il giorno della rivendicazione dei diritti, inesistenti, dei lavoratori

di redazione 04/09/2017 ECONOMIA E WELFARE
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 L’industria del fast food è forse una delle meno sindacalizzate e con minori o scarse o inesistenti garanzie per i lavoratori.

O meglio, anche là dove i sindacati sono presenti, orari, turni e salari sono sempre stati così flessibili che a governali è spesso solo l’azienda. Dal 2014 però i lavoratori si sono uniti, complice una campagna internazionale che ha denunciato come vive, lavora e viene pagato chi prepara e serve hamburger e cibo da strada. Giovani e meno giovani che operano in un settore dove comandano una decina di multinazionali, ma anche di aziende nazionali, che macinano utili in tutti gli angoli del mondo.

Oggi è la loro giornata. Ci saranno flash mob, volantinaggio e proteste in tutto il mondo. Una campagna internazionale che coinvolge i sindacati nazionali affiliati alla Iuf (Associazione internazionale dei Sindacati del settore ristorazione, alberghi, catering), cui aderisce la Filcams-Cgil.

La Iuf, proprio perché lavora a livello internazionale, si occupa di formare un sindacato là dove non c’è (nei Paesi meno avanzati), di far crescere i salari in rapporto al lavoro svolto e soprattutto di incidere là dove è l’azienda a gestire i contratti in modo unilatelare. Ben lontana da situazioni di sfruttamento che continuano indisturbate nei fast food dei Paesi orientali dove McDonald's o Starbuck sono sbarcati da tempo, anche in Italia la situazione non è delle migliori. 

“Il contratto collettivo nazionale è scaduto da più di quattro anni e Fipe Confcommercio, fino a oggi, ha sempre vincolato l'eventuale raggiungimento di un accordo a un netto taglio del costo del lavoro da ottenere peggiorando le condizioni normative e salariali di quel milione di addetti che operano nel settore ristorativo”, denuncia la Filcam Cgil. Dunque la battaglia continua, anche perché altrove qualcosa sì è mosso.  
 
Nel Regno Unito, McDonald's deve fronteggiare il primo sciopero della sua storia imprendotoriale nel Paese. Quaranta persone hanno incrociato le bracce in due ristoranti, a Cambridge e a Crayford lamentando - tra gli altri problemi - anche forme di molestie sul posto di lavoro. Bersaglio della mobilitazione sono i contratti "a zero ore" che non danno alcuna garanzia al lavoratore. In un mese, l'azienda può anche tenerlo in panchina senza che sia impiegato per un solo minuto.

La protesta inglese viene sostenuta dal sindacato della ristorazione (Bfawu), ma anche dal Partito Laburista di Jeremy Corbyn, che considera del tutto fondate le richieste di aumenti salariali. Un portavoce di McDonald's ribatte che l'azienda ha concesso tre aumenti salariali dall'aprile del 2016 a oggi aumentando la retribuzione oraria media del 15 per cento. La società sostiene anche che solo 14 persone hanno effettivamente scioperato, cifra "infinitesimale" rispetto agli 85 mila impiegati nel Regno Unito.

In Germania, intanto, anche il sindacato Ngg è in conflitto con i datori di lavoro sulla giusta remunerazione e sul salario per i lavoratori dei fast food. Iin Indonesia, invece, Fspm è impegnato a far rispettare i diritti fondamentali per i lavoratori della catena dei fast food locali di Champ Resto. In Nuova Zelanda, Unite Union ha vinto un accordo con McDonald's che prevede aumenti salariali rispetto al salario minimo orario. I membri dell'Iuf saranno mobilitati in tutto il mondo: le proteste che sostengono le rivendicazioni dei lavoratori dei fast food sono organizzati in Italia, Indonesia, Regno Unito, Germania e in altri paesi.

Negli Stati Uniti è invece previsto uno sciopero nazionale per la campagna "FightFor15", combatti per 15 dollari di salario garantito


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