Al Napoli Teatro Festival "Belgian Rules - Belgium Rules" di Jan Fabre

di Anita Laudando 03/07/2017 ARTE E SPETTACOLO
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X edizione Napoli Teatro Festival.

3ore e55 di spettacolo. Il sogno di assistere a qualcosa di bellissimo fino a farne indigestione. Scorretto. Maleducato non rinunciare a nulla. Esigenza creativa che si trasforma in egoismo creativo. Tutto questo se Lui fosse stato “semplicemente” un regista. Ma stiamo parlando del Maestro Jan Fabre, e rispetto alle 24 ore di “Mount Olympus – To glorify the cult of tragedy” del Roma Europa Festival, la performance “Belgian Rules – Belgium Rules” andata in scena l’1 e 2 luglio 2017 al Teatro Politeama, è cosa minimale.

Simbolici e poetici, i nudi esposti, consacrati da indicibile carnalità, dalla spasmodica, dissacrante, voglia di dire chi siamo, sono interpretati da un cast eccezionale: Annabelle Chambon, Cédric Charron, Tabitha Cholet, Anny Czupper, Conor Thomas Doherty, Stella Höttler, Ivana Jozic, Gustav Koenigs, Mariateresa Notarangelo, Çigdem Polat, Annabel Reid, Merel Severs, Ursel Tilk, Kasper Vandenberghe e Andrew James Van Ostade. Ogni singolo gesto, ogni minimo sguardo, resta dentro lo spettatore come una fiammella che ossida nella mente. Del resto è dichiarato quasi subito che : “Il teatro è il custode diabolico dei miti”. Imponenti i costumi disegnati da Monika Nyckowska e realizzati da Kasia Mielczarek, Jonne Sikkema, sartoria del Théâtre de Liège, Catherine Somers (cappelli). Al pubblico è concesso uscire e rientrare se lo volesse, poiché non è prevista pausa. Giusto. Un'overdose di fantasia e provocazione che perderebbe senso con un intervallo, anche grazie alle musiche di Raymond Van het Groenewoud e Andrew Van Ostade che raccordano in modo ipnotico il passaggio da un capitolo all’ altro.

Artista totale, incarnazione Wagneriana del Gesamtkunstwerk, in cui tutte le arti si sintetizzano universalmente, Jan Fabre mette in moto un teatro crudele. Estremo. Pazzesco. Colossale. Del resto alcune delle Belgium Rules recitano che “È obbligatorio essere normali che è già abbastanza pazzesco”, “È vietato chiamare pipa una vera pipa”, che “È obbligatorio togliersi il cappello di fronte le palle d’acciaio di Bruxelles”. Tante le denunce allo stato che ha per capitale Bruxelles. Tanti gli omaggi a grandi artisti, da Rubens a Magritte, tanti i sarcasmi ai duecento tipi di birra che spumeggiano in uno stato definito “stanza dei bottoni e fogna d’Europa”.

La verità è che in quanto europei ci sentiamo tutti dentro il gran carnevale messo in scena. Il testo di Johan De Boose, in collaborazione con la drammaturgia di Miet Martens e Edith Cassiers, è un focus faticoso su tutta la società occidentale contemporanea, ma anche scomoda didascalia sui prodotti industriali di un paese in cui “siamo nemici civili gli uni con gli altri”, nonché sguardo amaro sull’ esportazione di armi in barba alle nostre costituzioni che si annunciano contrarie alla guerra. Un palcoscenico gigantesco in cui si comunica. Col corpo, col sudore, con le immagini, con la musica, con la luce, con il francese, tedesco, inglese, olandese, con la lingua dei segni.

Dopo gli applausi viscerali per ogni singolo performer e chi li ha affiancati, quel “Paese brutto e piccolo, dal cielo grigio e piovoso” ci appare più grande e più vicino con “ i suoi maestri che ci hanno insegnato a guardare oltre i limiti della realtà” .

La dialettica tra vita e morte, l’asimmetria della vita, la rabbia e la passione di questa anteprima mondiale, tornerà in Italia al Teatro Argentina per il Roma Europa Festival il 30 settembre 2017. “È grandioso essere di nuovo a Napoli. Amo questa vibrante, energetica e bella città, della quale ho sempre bei ricordi. Ho presentato un paio di volte il mio lavoro teatrale qui…Ogni volta che torno a Napoli vado a visitare la Cappella del principe alchimista, il Cristo velato ha ispirato alcune mie sculture in marmo”.


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