Cacciati dalla porta i voucher potrebbero rientrare dalla finestra della nuova manovra del governo

di redazione 26/05/2017 ECONOMIA E WELFARE
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In commissione Bilancio alla Camera si è aperto il nuovo fronte di scontro politico fra il Pd e coloro che dal Partito sono andati via sbattendo la porta in fase precongressuale. A sancire il conflitto fra due anime della sinistra sempre più distanti e antaogniste è il deputato di Mdp Gianni Melilla che chiede “chiarezza su cosa il governo intenda fare, non accetteremo mai nuovi voucher mascherati con nomi diversi”.

L’emendamento più caldo della “manovrina” è quello con il quale l'esecutivo intende ripristinare in qualche modo il lavoro accessorio.

L'emendamento porterà probabilmente la firma del dem Mauro Guerra e dovrebbe prevedere un doppio tetto: per le imprese, ma anche per i lavoratori, all'interno di un contratto semplificato e completamente online. Una prima conferma è arrivata dal capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, secondo il quale verrà presentato un emendamento che ripristina il lavoro occasionale accessorio non solo per le famiglie, ma anche per le piccole imprese. O meglio, per le imprese piccolissime.

I nuovi voucher, infatti, qualora l'emendamento venisse effettivamente approvato, potranno essere utilizzati solo da aziende fino a cinque dipendenti, con l’introduzione di un tetto unico di 5 mila euro l’anno per ogni singola impresa, eventualmente elevabile a 7.500 euro in caso di assunzione di particolari categorie di persone (disoccupati, studenti, pensionati). Mentre ciascun lavoratore potrà ricevere, sotto forma di buoni lavoro, fino a un massimo di 2.500 euro annui.

Il contributo previdenziale sarà pari al 32%, come per un contratto di collaborazione. In questo modo un'ora di lavoro occasionale varrà circa 9 euro netti (12,5 euro lordi). Per le medie e grandi aziende (sopra i cinque addetti), al contrario, l’unica possibilità di impieghi occasionali dovrebbe restare il contratto di lavoro intermittente, con vincoli semplificati.

 L'emendamento allo studio del governo dovrebbe introdurre un altro limite, che riguarda le ore di lavoro. Dovranno essere almeno quattro, per poi eventualmente salire. Il ricorso ai voucher sarà impedito nel settore dell'edilizia e in altre attività considerate pericolose, come scavi e miniere, e sarà completamente tracciabile, con l’indicazione obbligatoria di tutti gli estremi per identificare l'azienda, l'utilizzatore, il tempo e il luogo di svolgimento della prestazione.

 Per quanto riguarda invece le famiglie interessate a usare i voucher per pagare badanti, baby sitter o insegnanti per le ripetizioni scolastiche, resta in piedi l'ipotesi di un libretto telematico. L’intera procedura sarà online e dovrebbe essere ulteriormente semplificata. Si prevede anche in questo caso un tetto di 2.500 euro per ciascun lavoratore, ma rispetto al contratto per le aziende i contributi saranno ridotti (13%, come per il lavoro domestico, per evitare possibili effetti distorsivi).

 Rischi per il governo

Dopo l'annuncio di Rosato sui voucher per le piccole imprese, Arturo Scotto (Mdp) è partito all'attacco: «Significa che il Pd ha deciso di far cadere il governo». Il capogruppo dei bersaniani a Montecitorio, Francesco Laforgia ha rincarato la dose: «La misura è colma. Vogliono andare avanti sui voucher per le imprese, prendendo in giro milioni di italiani che hanno firmato per i referendum della Cgil? Bene, andremo avanti anche noi e usciremo dalla maggioranza».

Critico anche Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro alla Camera: "Non condivido la scelta di reintrodurre nella manovrina una norma sostituiva dei voucher anche per le imprese. Si tratta di una scelta sbagliata e contraddittoria rispetto alla recente abrogazione, per decreto, di questo strumento. Sono invece d'accordo sulla istituzione del libretto telematico per le famiglie, destinato a colmare un vuoto normativo, finalizzato all'effettuazione dei piccoli lavori domestici e di cura e per le attività no profit".

 La rottura tra Pd ed Mdp rischia di avere conseguenze sulla conversione in legge dell'interna manovrina, soprattutto al Senato. Al momento, a Palazzo Madama, ci sarebbe una maggioranza teorica di 160 voti contando i membri del Pd, quelli di Area popolare, del gruppo Gal e del gruppo Misto. A venir meno sarebbe, invece, il sì dei 15 senatori di Mdp. Sulla carta si tratta di un frangente pericoloso, ma il provvedimento potrebbe registrare la convergenza dei 16 verdiniani di Ala e magari qualche assenza da parte degli azzurri di Forza Italia. A quel punto i margini per il via libera sarebbero più rassicuranti.


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