Frodi pubblicitarie e web. L'Unione europea avverte Google, Facebook e Twitter

di redazione 08/04/2017 SCIENZA E TECNOLOGIA
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Bruxelles chiede ai social network di proteggere i propri utenti, esposti a  frodi e  truffe attraverso le pubblicità illecite, presenti su queste reti oltre ad essere tracciati, senza il loro consenso, anche al di fuori delle loro applicazioni. Alla luce delle ripetute violazioni dei regolamenti europei, in materia di dati personali e protezione dei consumatori, la Commissione ha accordato a Google, Twitter e Facebook un mese di tempo per formulare delle proposte atte ad adempiere alle predette disposizioni.

I tre giganti: Google, Twitter e Facebook dovranno modificare le clausole abusive contenute nelle loro condizioni generali d’uso entro un mese pena l’irrogazione di sanzioni. Questa notizia diffusa da Reuters  venerdì scorso, 17 marzo, potrebbe quindi limitare le offerte pubblicitarie ingannevoli e proteggere meglio i dati personali degli internauti a condizione che i giganti del web siano ricettivi. La questione diventerà cruciale per le imprese tecnologiche, visto il nuovo Regolamento europeo del 27 aprile 2016, riguardante la protezione dei dati personali, in vigore dal 25 maggio 2018, che si applicherà a tutte le imprese.

In un comunicato pubblicato lo scorso weekend, le autorità e le organizzazioni per la protezione dei consumatori dell’Unione europea hanno dichiarato che il numero dei reclami presentati dagli utenti è in aumento. Nel corso dell’indagine sui social network, è emerso chiaramente che i consumatori sono bersaglio di frodi e di truffe; a ciò si aggiunga  che alcune condizioni di utilizzo dei social media non sono conformi al diritto europeo che protegge i consumatori. Conseguentemente, le organizzazioni europee hanno deciso di interpellare le direzioni dei social network.

UN LUNGO PROCESSO 

Questo avviso ai giganti tecnologici da parte delle istituzioni europee è oggetto di un lungo processo. Lo scorso novembre, le autorità deputate alla protezione dei consumatori e la Commissione europea avevano inviato una lettera a Google, Twitter e Facebook per invitarle a proporre delle modifiche in due ambiti:

  • le condizioni di utilizzo abusive;
  • la lotta contro le frodi pubblicitarie e le truffe.

Lo scorso 16 marzo le organizzazioni europee hanno incontrato le imprese al fine di conoscere le soluzioni che pensano di adottare, accordando loro un mese per mettersi in regola. Se le soluzioni non saranno ritenute soddisfacenti, le autorità potranno applicare delle sanzioni.

La Commissaria europea per la Giustizia ed i Consumatori, Vera Jourová, ha inoltre dichiarato:

“vista l’importanza crescente dei social network, è arrivato il momento di garantire che le nostre severe regole, volute per proteggere i consumatori contro le pratiche ingannevoli, siano rispettate in questo ambito. È inaccettabile che i consumatori dell’Unione possano adire solo una giurisdizione californiana in caso di controversia.”

LA FINE DELL’ “IPHONE A 1 EURO"?

La Commissione europea ha deciso di attaccare le pubblicità ingannevoli come quelle che offrono gli IPhone o gli IPad a 1 euro, la commercializzazione di prodotti contraffatti o gli abbonamenti trappola. “I social media devono ritirare tutte le frodi o le truffe che appaiono sui loro siti web e che sono suscettibili di ingannare i consumatori, non appena vengono a conoscenza delle medesime.” Gli organi europei al contempo premono affinché le autorità per la protezione dei consumatori predispongano “un canale di comunicazione diretto e standardizzato al fine di segnalare dette pratiche illegali ai social media”.

VERSO UN CHIARIMENTO DELLE CONDIZIONI/TERMINI 

DI UTILIZZO

Le condizioni generali di utilizzo (CGU) (in inglese: Terms of Service o ToS) spesso redatte in caratteri piccoli e in un linguaggio/gergo giuridico poco accessibile sono ugualmente oggetto di esame da parte della Commissione europea. Tali condizioni, che non sono negoziabili dagli utenti dei social network sono spesso accettate senza essere lette, selezionando semplicemente una casella. Eppure sono essenziali per la protezione dei dati personali. Di fronte a tali abusi, alcuni utenti hanno promosso un’azione legale, in alcuni casi conclusasi a favore del consumatore. Tuttavia, malgrado gli avvertimenti e le sanzioni, i social media continuano, in alcuni casi, ad appoggiare le clausole abusive. La Commissione Nazionale dell’Informatica e delle Libertà (CNIL) nel 2016 aveva denunciato (messo sull’avviso) Facebook per le sue pratiche illegali:

“La CNIL ha appurato che il sito Facebook è in grado di tracciare la navigazione degli internauti, a loro insaputa, su siti terzi anche se non dispongano di un account Facebook. In pratica, il sito deposita un cookie sul terminale di ciascun internauta che visita una pagina Facebook pubblica, senza informarlo (…..). Sembra che il social network non ottiene il consenso espresso degli internauti al momento della raccolta e del trattamento dei dati relativi alle loro opinioni politiche o religione e al loro orientamento sessuale”.

La Direzione generale per la concorrenza, il consumo e la repressione delle frodi (DGCCRF) aveva ugualmente accusato Facebook per clausole abusive. Quindi la possibilità di: “modificare unilateralmente le proprie condizioni di uso, senza che l’internauta venga informato in anticipo o presumendo il suo consenso” ha portato alla reazione dei funzionari europei, i quali hanno accordato a Facebook 2 mesi per mettersi in regola. Tuttavia potrebbe volerci del tempo. Lo scorso dicembre, la Sig.ra Jourová aveva denunciato la mancata reazione dei giganti americani nel ritirare i pericolosi messaggi d’incitamento al terrorismo presenti sulla loro piattaforma. 

La Commissaria, basandosi su un rapporto che indica che solo il 40% dei contenuti pericolosi è ritirato entro 24 ore, ha deciso di brandire l’ultima arma in suo possesso: la legislazione.  


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