L'America di Trump torna al carbone. Comincia lo smantellamento delle direttive di Obama sull'energia e sull'ambiente. A rischio gli Accordi di Parigi. Previsti dazi sulle importazioni dall'unione europea

di redazione 29/03/2017 AMBIENTE
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Un ordine esecutivo del presidente Trump smantella le norme per la riduzione delle emissioni inquinanti, mettendo di fatto a rischio l'adesione americana agli accordi di Parigi

Donald Trump cancella le politiche messe in campo da Barack Obama per combattere i cambiamenti climatici, che hanno fatto dell'ex presidente degli Stati Uniti uno dei leader nella lotta agli effetti devastanti causati dai gas serra. Con un ordine esecutivo il nuovo inquilino della Casa Bianca ha infatti disposto la revisione delle norme per la riduzione delle emissioni inquinanti delle industrie americane contenute nel Clean Air Act. E ha rilanciato la produzione nelle miniere di carbone per il funzionamento delle centrali elettriche e degli impianti di estrazione di gas e petrolio.

"Rimetteremo i minatori al lavoro" ha detto Trump dopo aver firmato il decreto circodato da un gruppo di minatori, "con me si mette fine alla guerra al carbone". Sarebbe quindi questa la strada per sostenere l'indipendenza energetica degli Stati Uniti e tentare di "resuscitare" migliaia di posti di lavoro novecenteschi. 

ACCORDI DI PARIGI COMPROMESSI. Diversi osservatori notano infatti come l'offensiva di Trump per ora non contempli (almeno formalmente) uno dei più roboanti impegni presi davanti agli elettori: far uscire gli Stati Uniti dall'accordo di Parigi, con cui Barack Obama si è impegnato a ridurre le emissioni americane di almeno il 26% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2025. Di fatto, però, la possibilità concreta di raggiungere quell'obiettivo viene compromessa.

 C'è poi chi sottolinea come l'impatto delle nuove norme, al di là dell'enfasi posta sul rovesciamento dell'agenda verde di Obama, potrebbe rivelarsi abbastanza limitato. Anche perché le industrie energetiche americane difficilmente torneranno indietro, dopo la svolta verso l'uso del gas naturale e delle fonti alternative come il solare e l'eolico.

Diversi economisti hanno sostenuto però che le politiche di Trump potrebbero non essere adeguate per raggiungere nessuno dei due obiettivi: in parte perché gli Stati Uniti dipendono già in maniera significativa dal carbone e dal gas naturale nazionale, in parte perché i vecchi impianti in cui viene impiegato il carbone useranno in futuro un numero sempre maggiore di macchine e sempre minore di uomini. Robert Godby, economista dell’Università del Wyoming, ha detto: «Non assumeranno nuove persone. Anche se vedremo un aumento nella produzione del carbone, ci sarà una diminuzione dei posti di lavoro».

Se le nuove politiche di Trump sull’ambiente verranno effettivamente applicate, sarà praticamente certo che gli Stati Uniti non saranno in grado di rispettare gli impegni contenuti nell’accordo, nonostante non si siano ufficialmente ritirati dall’impegno preso firmandolo. La nuova politica ambientale americana avrà conseguenze anche al di fuori degli Stati Uniti, non solo perché l’inquinamento prodotto in America colpisce anche il resto del mondo, ma anche perché paesi come Cina e India potrebbero decidere di non rispettare gli impegni presi con l’accordo di Parigi dato che gli Stati Uniti non lo faranno.

In ogni caso il Clean Air Act, che impone alle centrali elettriche di ridurre entro il 2030 del 32% le emissioni di carbonio rispetto ai livelli del 2005, obiettivo ancora più ambizioso di quello contemplato nell'accordo di Parigi, ne esce con le ossa rotte.

Intanto secondo fonti vicine alla finanza e a Wall Street, L'amministrazione Usa sta valutando di imporre dazi punitivi del 100% sugli scooter Vespa (Piaggio), l'acqua Perrier (Nestle', che produce anche la San Pellegrino) e il formaggio Roquefort in risposta al bando Ue sulla carne di manzo Usa di bovini trattati con gli ormoni: lo scrive il Wall Street Journal. Dietro la misura ci sarebbero le proteste dei produttori di carne di manzo americani, secondo i quali l'Ue non ha aperto abbastanza i propri mercati alla loro carne di manzo non trattata con gli ormoni, come prevedeva un accordo del 2009.

 


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