Yemen. La guerra civile dimenticata, tra interessi geopolitici e traffico d'armi

di Matteo Lombardi 23/03/2017 NON SOLO OCCIDENTE
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Tra i molti conflitti mondiali, uno è praticamente dimenticato. Si tratta della guerra civile nello Yemen, un conflitto su base etnica, ma dalle motivazioni geopolitiche di grande impatto sull’intera regione, che ha ormai messo a dura prova la vita di milioni di yemeniti. Il conflitto vede una lacerazione fra le principali etnie e correnti politiche del paese, foraggiata dalle potenze regionali. Da una parte l’Egitto, l’Arabia Saudita, dall’altro l’Iran, interessata a che la minoranza sciita non venga letteralmente spazzata via dalla maggioranza sunnita, fedele al potente e ingombrante vicino saudita.

Una situazione insostenibile per due terzi della popolazione ormai abbandonata a se stessa.

Nonostante il generale disinteresse della stampa internazionale, ci sono diversi motivi per cui i paesi arabi – appoggiati dagli Stati Uniti – hanno deciso di cominciare una guerra in Yemen. Primo: lo Yemen si trova in una posizione strategica, perché controlla mezzo stretto di Bab el Mandeb, che collega il Mar Rosso con il Golfo di Aden e che è una via di commercio piuttosto importante, anche per il passaggio del petrolio.

Secondo: parte del suo territorio meridionale è controllato da al Qaida in Yemen, che oggi è la divisione di al Qaida che riesce a organizzare più efficacemente attacchi terroristici all’estero. Per diverso tempo l’amministrazione di Barack Obama ha definito gli attacchi coi droni contro al Qaida in Yemen come un “modello riuscito” di guerra al terrorismo: con l’allontanamento al potere di Hadi il rischio è che l’amministrazione americana perda un importante alleato contro al Qaida. Terzo: lo Yemen è considerato uno “stato fallito” e un terreno conteso da due tra i paesi più potenti del Medio Oriente, Arabia Saudita e Iran. Non è la prima volta che sauditi e iraniani si confrontano direttamente per mantenere l’influenza in un paese del Golfo: il caso più recente e più noto è l’invasione saudita in Bahrein del marzo del 2011, durante le proteste della maggioranza sciita contro la monarchia saudita appoggiata dall’Arabia Saudita.

Amnesty International ha pubblicato un accurato report sulla realtà yemenita e sul commercio d’armi che è all’origine di una guerra di cui non si vede ad oggi la soluzione.

Il report di Amnesty:

Dal marzo 2015, Usa e Regno Unito hanno trasferito armi per oltre cinque miliardi di dollari all’Arabia Saudita, capofila della coalizione militare impegnata nello Yemen: oltre 10 volte i 450 milioni di dollari che i due paesi hanno speso o messo in bilancio per gli aiuti umanitari alla popolazione civile yemenita.

Questi trasferimenti multimiliardari non solo alimentano le gravi violazioni dei diritti umani che stanno procurando una sofferenza devastante alla popolazione civile dello Yemen, ma superano di gran lunga in valore il loro contributo alle operazioni umanitarie nel paese sconvolto da due anni di conflitto.

La questione delle armi

In un comunicato diffuso il 23 marzoLynn Maalouf, vicedirettrice delle ricerche presso l’ufficio regionale di Amnesty International a Beirut ha ricordato la grave situazione umanitaria in cui versa lo Yemen e le contraddizioni tra gli aiuti umanitari forniti alla popolazione e le gravi violazioni del trattato sul commercio di armi: “Due anni di conflitto – ha commentato – hanno distrutto la vita di migliaia di civili e provocato un disastro umanitario che vede oggi oltre 18 milioni di persone dipendere disperatamente dagli aiuti umanitari. Nonostante i milioni di dollari destinati all’assistenza umanitaria, molti paesi stanno contribuendo alla sofferenza della popolazione civile continuando a vendere all’Arabia Saudita armi per un valore di miliardi di dollari”.

“Le armi fornite in passato da Usa e Regno Unito – ha aggiunto Maalouf – sono state usate per compiere gravi violazioni dei diritti umani. Questi paesi continuano ad autorizzare altri trasferimenti e allo stesso tempo cercano di alleviare la crisi che hanno contribuito a creare. È la popolazione civile a pagare il prezzo di questa evidente ipocrisia”.

La comunità internazionale deve imporre immediatamente un embargo sulle armi – che causerebbe anche la sospensione delle forniture di armi italiane all’Arabia Saudita – e avviare un’indagine internazionale credibile sulle gravi violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto.

“Tutti gli stati, compresi Usa e Regno Unito, devono porre fine ai trasferimenti di qualsiasi tipo di armamento che potrebbe essere usato per compiere crimini di guerra o altre gravi violazioni del diritto internazionale nello Yemen”, ha sottolineato Maalouf.

Continuando a vendere armi all’Arabia Saudita e agli altri stati che fanno parte della coalizione militare impegnata nello Yemen il Regno Unito e gli Usa, che hanno rispettivamente ratificato e firmato il Trattato sul commercio delle armi, stanno minando l’essenza di questo importante accordo

La crisi umanitaria.

Si stima che 18,8 milioni di yemeniti dipendano dall’assistenza umanitaria e abbiano disperato bisogno di cibo, acqua, riscaldamento e riparo per sopravvivere. L’Onu ha denunciato che la malnutrizione è così grave che il paese è sull’orlo della carestia.

Dal marzo 2015, quando sono iniziati gli attacchi aerei da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, sono stati uccisi almeno 4600 civili e ne sono stati feriti più di 8000.

CONFLITTO IN YEMEN: LE VIOLAZIONI E I CRIMINI DI GUERRA

Negli ultimi due anni abbiamo denunciato una lunga serie di violazioni del diritto internazionale umanitario – in alcuni casi veri e propri crimini di guerra – chiamando in causa tutte le parti coinvolte nel conflitto dello Yemen.

La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha compiuto incessanti attacchi aerei che hanno distrutto case, proprietà private e varie infrastrutture.

Nelle nostre missioni di ricerca nello Yemen, abbiamo potuto documentare almeno 34 attacchi aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che paiono aver violato il diritto internazionale umanitario. In questi attacchi – avvenuti nelle sei province di Sana’a, Sa’da, Hajjah, Hodeidah, Ta’iz e Lahj – sono stati uccisi almeno 494 civili tra cui 148 bambini. In alcuni di questi attacchi sono state usate armi prodotte negli Usa e nel Regno Unito.

Gli stati della coalizione hanno anche usato armi vietate a livello internazionale – come le bombe a grappolo prodotte negli Usa, nel Regno Unito e in Brasile – nelle province di Sa’da, Hajjah e Sana’a. Amnesty International ha denunciato che bambini sono morti o sono rimasti feriti per essere venuti a contatto con sub-munizioni rimaste inesplose dopo gli attacchi.

I ricercatori di Amnesty International hanno anche documentato 30 attacchi indiscriminati da parte delle forze pro e anti-huthi attraverso colpi d’artiglieria, razzi e mortai nelle province di Aden e Ta’iz, in cui sono stati uccisi 68 civili.

Le forze anti-huthi della provincia di Ta’iz hanno anche minacciato il personale medico, fatto chiudere gli ospedali e messo in pericolo la popolazione locale posizionando armi e combattenti nei pressi di strutture sanitarie.

Il gruppo armato huthi e i suoi alleati hanno lanciato attacchi indiscriminati contro le zone abitate della città di Ta’iz e lungo e oltre il confine con l’Arabia Saudita, uccidendo e ferendo civili. Il lavoro di Amnesty International ha permesso di verificare che gli huthi impiegano bambini soldati, arruolando ragazzi anche di soli 15 anni per mandarli sulla linea del fronte.

Inoltre, nelle zone sotto il loro controllo gli huthi hanno avviato un giro di vite nei confronti delle libertà di espressione, associazione e manifestazione pacifica. Col sostegno delle forze di sicurezza a loro fedeli hanno compiuto arresti arbitrari, sparizioni forzate e torture anche nei confronti di giornalisti e difensori dei diritti umani e hanno chiuso sedi di organizzazioni non governative.

“Dai bombardamenti indiscriminati delle aree civili all’arruolamento dei bambini soldato da parte degli huthi agli attacchi illegali e al ripetuto uso delle bombe a grappolo da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, tutte le parti coinvolte nel conflitto stanno mostrando un completo disprezzo per le vite dei civili e stanno commettendo gravi violazioni del diritto internazionale umanitario”, ha commentato Maalouf.

“Questa lunga lista di violazioni sottolinea quanto sia importante che le Nazioni Unite avviino un’indagine internazionale indipendente per assicurare che i loro responsabili siano portati di fronte alla giustizia”, ha concluso Maalouf.


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