Giorgio Manganelli. Lo scrittore che si tuffò nel caos.

Intervista a Orlando Trinchi autore del saggio "Giorgio Manganelli e il mondo infero"

di Massimo Lorito 10/03/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Giorgio Manganelli è una di quelle figure che manca, e non poco, nel panorama culturale e letterario italiano per la sua originalità e per la profondità di sguardo che ne ha caratterizzato la ricerca intellettuale. A ricordarcelo è il bel saggio scritto da Orlando Trinchi dal titolo “Giorgio Manganelli e il mondo infero. Per una letteratura “onirodipendente”, pubblicato da Edilet.

Trinchi, scrittore e giornalista, collabora con il quotidiano "Il Dubbio" diretto da Piero Sansonetti e "Eastonline", costola web del periodico "EastWest". Ha già pubblicato un saggio sull’arte di Alberto Savinio, "La spettralità delle cose" (Maremmi Editore).

Euroroma lo ha incontrato per una conversazione sui temi cari a Manganelli.

 

Difficile e per questo affascinante accostarsi ad un autore - giusto chiamarlo così? - come Giorgio Manganelli. Partiamo da qui. Perché un libro su Manganelli?

 Scrivere su Manganelli è un’esperienza sicuramente ricca e stimolante. La spiccata polisemia che ne connota le opere permette anche a chi si accosti alla sua scrittura di riallacciare i fili di un macramé ampio e intricato, pur consapevole dell’impossibilità di esaurirne in un canto le molteplici suggestioni.

 

Nella prefazione del libro di Giorgio Biferali si legge che sono esistiti “molti” Manganelli, molte le sue vite, forse alcune da lui stesso inventate. Esiste un modo, un luogo, un pensiero, un’opera, attraverso cui poterne ricomporre la figura?

La consapevolezza della molteplicità dell’io gli derivò dalla profonda conoscenza della psicoanalisi junghiana e, contestualmente, dalla frequentazione di Ernst Bernhard, e non lo abbandonò mai. In tutti i suoi libri si assiste al tentativo di dare voce alle infinite componenti dell’io. Ritengo che “Dall’inferno” sia, in tal senso, una delle sue opere più esplicative.

 

-Spesso di Manganelli si citano frasi che hanno il sapore della “sfida”, della provocazione, dell’assurdo o meglio del paradosso, come in un’intervista del '78, da te citata, in cui la figlia Lietta ricordava il padre affermare di aver intrapreso la carriera di scrittore perché non sapeva allacciarsi le scarpe.

Alcune affermazioni di Manganelli possono in effetti suonare piuttosto provocatorie e paradossali – come anche i postulati sull’inesistenza dello scrittore e del lettore, di cui mi occupo nella prima parte del saggio – ma in realtà nascondono logiche complesse e dinamiche. Si tratta di una serie di spie che rimandano talvolta a un’eccedenza di senso inaccessibile a una lettura ordinaria e superficiale.

 

Entriamo in alcuni dei temi da te affrontati nel saggio. Nella prima parte affronti il rapporto tra realtà e fantasia. Cos’è per Manganelli realtà e cosa è la letteratura?

 Fondamentalmente per realtà viene ivi intesa la realtà psichica, operante un necessario processo d’interpolazione dei contenuti della percezione. La letteratura, e, congiuntamente, la fantasia letteraria, prorompe dall’inconscio dell’autore per rivestirsi di una particolare struttura linguistica e, in un certo qual modo, restituire il caos in parole: «lo scrittore – affermava Manganelli – ha a che fare con una qualche forma di caos. Potrebbe farne a meno, ma non sempre gli è concesso di scegliere. E allora lo scrittore deve lavorare senza capire “a fondo quello che ha scritto”».

 

-Nella seconda parte invece ti inoltri alla ricerca di spunti “psicologici”. Attraverso figure simbolo della psicoanalisi, eros, morte, sogno, ombra, sembra che ripercorri gli stessi passaggi esistenziali di Manganelli.

Il mio è stato un tentativo d’individuare nessi e immagini che si ricollegano a un sostrato archetipico più vasto, in sinergia con quella psicologia del profondo di cui James Hillman è stato autorevole esponente. Vi sono particolari convergenze fra le opere di Manganelli e la produzione dello psicoanalista e filosofo statunitense; ciò non dovrebbe meravigliare, in quanto lo scrittore stesso ha dichiarato di aver letto approfonditamente gli scritti di Hillman.

 

E’ vero che Giorgio Manganelli è un autore dimenticato, o comunque poco letto?

 Purtroppo sì, almeno per quanto riguarda il grande pubblico. La figlia Lietta, nell’intervista acclusa al volume, afferma che oggi non lo pubblicherebbe nessuno se non fosse già Manganelli. Diciamo che è anche l’editoria a orientare, in certa misura, i gusti della maggior parte dei lettori. L’offerta che crea la domanda. Giorgio Manganelli, con la sua predilezione per il tema piuttosto che per la trama e con la sua scrittura complessa e immaginifica, non facilmente riducibile a modelli preordinati, collide in più di un senso con le comuni aspettative. Ciò non esclude che Manganelli non possa essere rivalutato da un pubblico più ampio o che magari, proprio in questo momento, ciò non stia accadendo …

 

-  Infine una domanda sui tuoi progetti futuri. Sei già al lavoro su nuove ricerche letterarie o estetiche?

 Al momento mi sto dedicando principalmente all’attività giornalistica ma non mancano nuove idee che spero di investire presto della concretezza di un progetto.

 


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