Barelle inesistenti, malati stesi a terra, file interminabili per curarsi. L'Italia e la sanità in ginocchio

di redazione 10/01/2017 ECONOMIA E WELFARE
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Nola, 35 mila abitanti, 25 chilometri a est di Napoli. Una città con tradizioni importanti, centro di commerci, patria del grande filosofo Giordano Bruno. Nola non si trova in uno scenario di guerra, ma così non sembra a guardare alcune foto scattate nel pronto soccorso del suo ospedale. Pazienti adagiati per terra, su coperte, sistemati fortunosamente come se fuori impazzasse la guerra; medici e infermieri che curano come possono i pazienti, ce n’è uno in arresto cardiaco, diranno poi i sanitari.

Uno spaccato di una giornata qualsiasi, che in quell’ospedale sembra essere diventata la quotidianità.

Partono le denunce di alcuni familiari dei pazienti e si muove la ministra Lorenzin che ha disposto un'ispezione nel nosocomio Santa Maria della Pietà. I Nas arrivano e verificano quanto riportato da alcuni familiari sulle loro pagine Facebook.

Una situazione "eccezionale", dichiara Andrea De Stefano, direttore sanitario dell'ospedale, dovuta alll'iper-afflusso di utenti nel pronto soccorso tra sabato e domenica, e che - sostiene De Stefano - va tornando verso la normalità, senza più pazienti disposti sul pavimento. 265 persone - ha spiegato - a fronte delle 150 circa che arrivano in media, complice anche il freddo che ha gelato le strade, e che ha costretto molte persone della provincia di Avellino a venire a Nola anziché andare altrove. E quando qualcuno giunge al pronto soccorso non possiamo certo mandarlo via, abbiamo preferito mettere a terra le persone piuttosto che non prestare loro assistenza".

Ragioni condivisibili ma la verità è che l’ospedale di Nola ha poche centinaia di posti letto a fronte di un potenziale bacino d’utenza di 650 mila persone. E l’altro dato di fatto incontrovertibile è che nell’intero ospedale ci sono solo 15 barelle di cui 10 nel pronto soccorso!

Una di quelle persone era in arresto cardiaco, ma che dovevamo fare senza letti né barelle, mandarla via? I medici hanno preferito fare la defibrillazione sul pavimento, pur di salvarle la vita come è accaduto», ha raccontato De Stefano, ammettendo che lo “spettacolo” dei pazienti per terra non è dei migliori.

Una situazione d’emergenza costante ammette il direttore sanitario, le sue ragioni, il suo scusarsi non gli è bastato per finire sul banco degli imputati dei media e della politica, in primis il governatore e commissario della Sanità De Luca, che non ha perso tempo per addossare tutte le responsabilità ai vertici sanitai nolani, che ha chiesto di avviare subito le procedure per buttarlo fuori dall’ospedale.

Ma possiamo dare tutte le colpe al direttore sanitario? O c’è un sistema che non funziona, pieno zeppo di falle? E’ possibile scaricare tutto su chi ogni giorno è in prima linea in quella che sembra, e le foto lo testimoniano, la guerra della Sanità in Campania, come in Calabria, nel Lazio?

La politica, centrale e regionale deve sentirsi chiamata in causa da fatti come quelli di Nola, le responsabilità sono politiche. Il governatore De Luca invece di sdegnarsi dovrebbe forse assumersi davvero le sue responsabilità, e come lui molti altri. E’ una questione di civiltà e di democrazia. Possibile che un ospedale come quello nolano deve avere 15 barelle? Dove sono finite le altre, dove i soldi per comprarle?

Intere zone del sud Italia non hanno più assistenza sanitaria, capita che per curarsi in Calabria, in Basilicata, si debbano percorrere 80 chilometri! E ai poveri malati non resta che prendere la strada verso le strutture della Toscana, dell’Emilia Romagna.

Ma questa vicenda dovrebbe farci riflettere anche su un’altra questione, di carattere etico. Tra le trincee di molti pronto soccorsi, capita e in tanti lo dicono, di trovare medici infermieri eccezionali, che svolgono con passione e professionalità uno dei mestieri più complicati al mondo, ma capita anche di assistere che alcuni medici “consiglino” numeri di telefono per prestazioni in provato. Nel momento del bisogno di dicono che dall’inferno dell’ospedale non uscirai mai, mentre il paradiso privato ti aspetta il giorno dopo. Se paghi tutto si risolve. Tutto questo a fronte di una spesa sanitaria impazzita, fuori controllo.

Cancellare le foto di Nola e cambiare la realtà di decine di ospedali è la vera sfida che la politica nazionale  e regionale deve combattere e vincere, il resto sono chiacchiere e demagogia. 


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