Cinquantesimo Rapporto Censis. Le nuove generazioni più povere delle precedenti in un Paese fermo

di redazione 02/12/2016 CULTURA E SOCIETÀ
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Per la prima volta i figli saranno più poveri dei genitori. Lo dice il cinquantesimo Rapporto del Censis in cui si attesta la sconfitta dei cosiddetti millennials. Questa categoria sociale che comprende i più giovani ha “un reddito inferiore del 15,1% rispetto alla media dei cittadini” e una ricchezza familiare che, per i nuclei under 35, è quasi la metà della media (-41,2%).

Nel confronto con venticinque anni fa, rispetto ai loro coetanei di allora, gli attuali giovani hanno un reddito inferiore del 26,5% (periodo 1991-2014), mentre per la popolazione complessiva il reddito si è ridotto “solo” dell'8,3% e per gli over 65 anni è invece aumentato del 24,3%.

In Italia si assiste ad un fenomeno raro nel panorama socio-economico delle nazioni occidentali. Il reddito medio da pensione è passato da 14.721 a 17.040 euro (+5,3%) tra il 2008 e il 2014 e 4,1 milioni di pensionati “hanno prestato ad altri un aiuto economico”. I nuovi pensionati, si legge sempre nel rapporto, sono più anziani e con redditi mediamente migliori come effetto di carriere contributive più lunghe e continuative. Solo tra 2004 e 2013 è quadruplicato chi è andato in pensione di anzianità con più di 40 anni di contributi (dal 7,6% al 28,8%).

Un quadro in cui il Rapporto Censis dipinge un’Italia involuta, ripiegata su se stessa, “rentier” la definisce il Censis. Un Paese che vive di rendita sfruttando fino all'osso le ricchezze del passato, in particolare il patrimonio immobiliare, ma che non osa più scommettere sul futuro.

Un altro dato su cui riflettere è quello che segnala come dal 2007 a oggi gli italiani hanno accumulato 114 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva, un gigantesco patrimonio che equivale al Pil dell'Ungheria e che rimane rigorosamente liquido, pronto a essere usato in una prospettiva futura di tempi ancora più bui, investito davvero in minima parte e sostanzialmente nelle mani degli anziani.

Per cui gli anziani hanno il patrimonio immobiliare e i risparmi di una vita che nei tempi buoni si sono moltiplicati grazie ad investimenti azzeccati, i giovani non hanno pressoché nulla: le famiglie con persone di riferimento che hanno meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% rispetto alla media della popolazione e  una ricchezza inferiore del 41,1%. Mentre la ricchezza degli anziani è superiore dell'84,7% rispetto ai livelli del '91. Ma non serve a rimettere in moto il Paese: l'incidenza degli investimenti sul Pil è scesa al 16,6% nel 2015, contro una media europea del 19,5% ma soprattutto il 21,5% della Francia e il 19,9% della Germania e anche il 19,7% della Spagna.

IL sommerso, il lavoro nero è cambiato, sottolinea il Rapporto. Non si tratta più del sommerso del passato che faceva da scudo ad aree di grande produttività, di sviluppo: il Censis lo definisce un sommerso “post terziario”, danaro messo da parte ma non investito, “lavoretti” a bassa produttività che incidono poco o pochissimo sulla crescita del Paese.

 In generale si certifica la fine della classe media, diminuiscono le “figure intermedie esecutive” e crescono le professioni non qualificate (più 9,6% tra il 2011 e il 2015) e gli addetti alle vendite e ai servizi personali (più 7,5%). Si riduce anche il numero di operai, artigiani, agricoltori, il lavoro costa meno ma questa riduzione non favorisce la domanda, anche per via della crisi del settore pubblico: la deflazione è figlia anche di questo sistema del massimo ribasso, che ha compresso e impoverito la classe media.

In questo scenario le spese delle famiglie italiane si sono drasticamente ridotte, nonostante il marchio “made in Italy” sia l’unico che sembra ancora garantire investimenti e introiti di un certo rilievo per le aziende del settore. Nel 2015 le aziende esportatrici italiane hanno superato il 5% dell'export mondiale in 28 categorie di attività economiche. Il saldo commerciale del made in Italy è stato di 98,6 miliardi di euro, superiore al fatturato del manifatturiero. Altro settore che non conosce crisi è il turismo. Tra il 2008 e il 2015 gli arrivi di visitatori stranieri in Italia sono aumentati del 31,2% e i giorni di permanenza sono aumentati del 18,8%. Gli arrivi negli hotel a 5 stelle sono cresciuti dal 2008 del 50,3% e in quelli a 4 stelle del 38,2%. Il crollo delle categorie inferiori è compensato da un forte aumento delle presenze negli alloggi in affitto, nei bed and breakfast e negli agriturismo.

Le famiglie italiane preferiscono spendere oltre che in prodotti alimentari, se pur in costante calo, in prodotti tecnologici. Mentre tra il 2007 e il 2015 i consumi in generale si riducevano del 5,7%, gli acquisti di smartphone aumentavano del 191,6% e quelli di computer del 41,4%. Mentre l’utenza del web in Italia nel 2016 è arrivata al 73,7%, il 64,8% usa uno smartphonee il 61,3% Whattsapp (la percentuale dei giovani sale all'89,4%).



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