Gente de Core. Lo spettacolo della Roma dei Romani al Teatro L'Aura

di Rosanna Pilolli 02/12/2016 ARTE E SPETTACOLO
img

E’ la stessa Roma che rappresenta se stessa con le sue canzoni e con l’interiorità del suo popolo “Gente de core”, con lo spettacolo in replica al Teatro “L’Aura”. Una rappresentazione ricca di canzoni, di stornelli di cronache quotidiane dei quartieri  di Trastevere e Testaccio noti in tutto il mondo.

Lo spettacolo fa onore alla grande scuola della canzone romanesca che conta fra i suoi rappresentanti più illustri Giggi Zanazzo, Romolo Balzani del quale lo spettacolo regala “Il barcarolo romano e Serenata sincera”, Ettore Petrolini con “Tanto pe’ cantà” composta in pochi giorni durante un ricovero in ospedale. Il tessuto della rappresentazione che attraversa la parte musicale, è di Claudio Gnomus al secolo Claudio Severini vocalità e chitarra cariche di un sapore romanesco dolce e disincantato. Accanto a lui la giovane e graziosissima Sara Adami imprime al canto tutti i colori delle emozioni. Ed ecco gli stornelli a dispetto, le serenate e le loro regole di accettazione o di rifiuto, i carrettieri a vino, la notte di S.Giovanni. Le osterie con le tavolate e le “passatelle” gioco in apparenza scanzonato ma che spesso finiva tragicamente; la nostalgia di un tempo ormai sparito che ha il sapore dei baci degli innamorati sul Lungo Tevere e degli amori romantici.  E non soltanto questo ma l’assurdità per il romano di morire in guerra, lui uomo di pace che ama la vita, il cibo, l’amore, l’accoglienza (dopo che si sta a Roma per tre giorni si diventa romano) la generosità. Altra caratteristica di questo popolo che lo spettacolo mette in mostra è che non giudica mai con severità e perdona volentieri. Se una ragazza è di natura leggera ci si canta sopra magari con un pizzico di ironia citando il numero dei suoi amanti e le loro professioni: “C’è Giggetto, c’è Nicola…..semo centoventitrè”. E si canta anche la propria prigionia come nell’invocazione struggente del giovane che sta“a bottega” ossia rinchiuso in carcere e non può quindi amare la propria fidanzata. Il carcere storico sotto il governo dei Papi era il San Michele a Ripa Grande costruito fra il 1600 e il secolo successivo, in seguito, con il Regno d’Italia venne a Via della Lungara, “Regina Coeli”. Carceri maschili. Le donne venivano rinchiuse alle “Mantellate”, un tempo convento di suore dal lungo mantello nero. Di questa canzone scritta da Giorgio Sthreler e musicata da Fiorenzo Carpi per Ornella Vanoni, Sara Adami dà vita ad una interpretazione eccezionale per la resa di atmosfera. Roma cantava non tanto pergioia quanto per consolazione. E mangia. Alcuni dei cibi caratteristici della Capitale provengono dalla povertà, dalle file al Mattatoio di Testaccio per prendere gli scarti e quindi sono trippe, coratella, pajata, rognoni, insomma interiora. Fanno parte però della cucina romana cibi più “altolocati” .

Gli emblematici spunti popolari vengono esposti con nobiltà popolana intrisa di garbata ironia da due interpreti Sara Adami e Claudio Severini. Squarci di romanità che deliziano un pubblico divertito ed emozionato.

 

 



Ti potrebbero interessare

Speciali