Nelle sale La ragazza del mondo. L'amore, la scoperta di sè e di un'altra vita nell'opera prima di Marco Danieli

di Emiliano Baglio 17/11/2016 ARTE E SPETTACOLO
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Giulia (Sara Serraiocco) ha diciannove anni ed è Testimone di Geova. La sua vita è scandita dalle regole e dai divieti della sua fede e non c’è spazio neanche per il sogno di iscriversi all’università, nonostante la sua straordinaria abilità nella matematica, perché questo sottrarrebbe tempo alla predicazione. La sua realtà fatta di adunanze (le riunioni dei fedeli), preghiera e predicazione quotidiana porta a porta “perché il male non va mai in vacanza”, viene sconvolta quando per caso incontra Libero (Michele Riondino); questo amore impossibile per un ragazzo del mondo (cioè non Testimone di Geova) la porterà a rimettere in discussione tutta la sua esistenza.

 La ragazza del mondo, dopo l’anteprima alle Giornate degli autori all’ultimo Festival del cinema di Venezia, approda ora nelle nostre sale portandosi dietro la scia delle molte polemiche da parte dei Testimoni di Geova che si sono scagliati contro l’esordio di Marco Danieli nonostante lo stesso regista abbia più volte spiegato come non si tratti di “un film di denuncia” ma di “un racconto realistico di formazione attraverso la chiave di una storia d’amore molto forte”.

 Vale allora la pena ripercorrere il percorso che ha portato alla nascita di questo esordio. L’idea parte da alcune testimonianze di fuoriusciti amici dello stesso regista e dal progetto di un documentario sui Testimoni di Geova poi abbandonato a favore di una storia di fiction.

Nessun intento quindi di giudicare o di condannare la fede dei Testimoni di Geova ma a nostro avviso anche ridurre l’opera di Danieli ad una banale storia d’amore equivarrebbe a fargli un torto.

La ragazza del mondo è un film che corre molti rischi soprattutto in quanto opera prima. Il primo è rappresentato dal personaggio di Libero, un ragazzo di borgata appena uscito dal carcere per spaccio di droga ed il secondo è rappresentato dalla decisione di raccontare una storia d’amore.

Insomma c’era la possibilità che il film di Danieli diventasse una favola a lieto fine dove la brava ragazza salva il disperato di turno.

Grazie al cielo Danieli ha evitato le trappole nelle quali spesso si impantanano i film italiani.

Merito soprattutto degli interpreti e dei caratteri dei due protagonisti della sua storia. Riondino è ad esempio bravissimo nel restituirci l’umanità di Libero, le sue continue cadute ma anche un amore per lui insolito, per una ragazza così lontana dal suo ambiente e dalla sua vita che lo spinge persino a gesti inaspettati di generosità e di sacrificio. Libero si scopre capace di chiedere scusa, di mettere su casa e persino di ricominciare a spacciare, tutto per Giulia, una ragazza che neanche se la sente di fare l’amore con lui perché questo violerebbe tutti i suoi principi.

Ed è proprio Giulia, interpretata magnificamente dalla Serraiocco, a rappresentare l’elemento più importante del film, la personalità più complessa, quella che ci restituisce non una banale storia d’amore ma un vero e proprio percorso di autodeterminazione.

Nonostante i mille divieti ed obblighi nei quali è cresciuta, Giulia sin dal primo incontro con Libero ci viene presentata come una ragazza tenace ed orgogliosa, molto più sicura di sé di quanto non possa sembrare.

Per amore la ragazza arriverà a sporcare il suo cuore senza per questo dimenticare mai la sua fede alla quale tornerà nel momento più drammatico dell’intera pellicola.

In fondo ciò che la muove è il fatto di non volersi più sentir dire da nessuno quello che deve o non deve fare. L’amore, sebbene sincero, in quest’ottica diventa più che altro un mezzo come un altro per riconquistare la propria vita.

Ovviamente non sarà un percorso facile e Danieli è bravissimo nel restituirci prima il senso di claustrofobia ed angoscia che circondano la sua protagonista e poi la profonda melanconia per quel mondo che si è lasciato alle spalle e con il quale non potrà più avere contatti in quanto, una volta uscita dalla chiesa, per i suoi vecchi amici e per la sua famiglia è come se non esistesse più.

Scene come quella del “processo” o del battesimo della sorella osservato attraverso i vetri mentre le lacrime solcano il volto di Giulia dimostrano anche come le accuse mosse al regista di avere uno stile piatto e televisivo siano infondate.

Che non si tratti di una banale storia d’amore ce lo conferma la rinuncia al lieto finale in favore di una chiusura aperta.

Danieli porta sullo schermo un ritratto potente di una ragazza che intraprende un difficile percorso di coscienza di sé nel quale l’amore non rappresenta il fine al quale mirare ma solo il mezzo con il quale avviene questa maturazione e lo fa scegliendo di trattare argomenti insoliti per il giovane cinema italiano, quali la fede e la religione.

Visti i ristretti orizzonti nei quali operano i nostri cineasti ci sembra che ci sia materi a sufficienza per ritenersi più che soddisfatti.



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