Cliniche IPhone, Sindrome Hand-Phone. Connessioni infelici?

di Fabio Sabbi 18/09/2016 SCIENZA E TECNOLOGIA
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Girando per la città è da qualche tempo che rimango impressionato dalle insegne “ospedaliere” di alcuni negozi di riparazione per IPhone. Si staglia sull’insegna il logo caratteristico di un Pronto Soccorso e il nome più “commercialmente” felice è Clinica IPhone. Mi chiedo allora se la premura dei possessori di Smartphone o IPhone sia giunta al punto tale da essere rassicurati da “Cliniche specializzate” nel caso di guasti quasi comparabili con quelli della propria persona. Quelle insegne sembrano davvero,  paradossalmente, avvicinare l’ansia per la gravità della salute di un telefono con quella di chi si rechi in un Pronto Soccorso vero e proprio. Sfortunatamente, quasi a conforto di quello che sovviene alla mente, sono recentemente stati divulgati dei dati (studio realizzato coinvolgendo 4500 persone tra i 18 e i 65 anni attraverso un monitoraggio online mediante metodologia Web Opinion Analysis sui principali social network – Facebook, Twitter, YouTube – blog e community interattive, per il lancio della campagna ‘Coppa Libera Tutti’ di Coppa del Nonno) che parlano di oltre due terzi della popolazione italiana praticamente ridotta all’uso di un solo braccio avendo l’altro sempre occupato dall’adorato telefono. Più precisamente sarebbero circa 7 italiani su 10 a vivere quotidianamente questa condizione (il 72%) e con maggior frequenza sui mezzi pubblici poi nei luoghi di lavoro e persino in vacanza.

Mentre i dati approfondiscono questa ipnosi collettiva che renderebbe il 72% degli italiani nella condizione ossessiva di tenere il cellulare sempre in mano a prescindere dal suo utilizzo, i brividi lungo la schiena si acuiscono. 2 italiani su 10 (19%) riuscirebbe ad adoperare lo Smartphone per circa 6 ore al giorno, percentuale che salirebbe al 42% tra più giovani, mentre il 21% si attesterebbe “solo” sulle 4 ore. La percentuale poi salirebbe al 41% per chi si limiti a 2 ore giornaliere, mentre il 19% riuscirebbe a fare a meno del cellulare o si limiterebbe ad un utilizzo di meno di un’ora al giorno.

Anche i dati sui luoghi dove ci si connette con maggior frequenza testimoniano una situazione piuttosto omogenea e dilagante: mezzi pubblici (78%), luogo di lavoro (69%), bar e locali (65%), casa (54%), scuola e università (47%), vacanza (41%).

E non che le cose vadano meglio all’estero se secondo uno studio dell’Università di Bonn in media le persone controllano lo Smartphone 80 volte al giorno e se dall’annuale Internet Trends Report di Klaunier Perkins Caufield & Byer’s emerge che le persone controllino lo Smartphone circa 150 volte al giorno.

Insomma la questione non è più solo oggetto di studio, è dato di fatto, come è dato di fatto uno slogan che sembrerebbe sciagurato se non fosse vero: “mai più soli se connessi”. Ma di cosa parliamo?

Parliamo di ragazzi che preferiscono connettersi piuttosto che vedersi, e questo pur abitando a due passi o a un piano di distanza uno dall’altro, succede; parliamo della sbornia organizzativa che illude di poter programmare l’improgrammabile e controllare l’incontrollabile ogni giorno; o forse parliamo solo di connessioni infelici e solitudini edulcorate se la tecnologia che prometteva di facilitarci la vita e restituirci un tempo prezioso ce l’ha invece infarcito di un’ulteriore, sconosciuta frenesia. Ma il tempo è sempre quello, come i giorni, le stagioni, dovremmo essere noi in grado di percepirlo in modo particolare e peculiare per ognuno. Non pare proprio che queste connessioni possano agevolarci in tal senso. Se un’esplosione tecnologica non è armonizzata da un’evoluzione e uno sviluppo cosciente altrettanto solido il rischio è quello di andare a caccia di insegne o illusioni lungo la strada o di delegare ad un rassicurante cellulare che “ci appartiene” la nostra stessa appartenenza.

Dal Blog  A.B.C. - Aiuto per la Bonaria Composizione delle Controversie


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