Giovani, solitari, tecnologici, emarginati e alienati. I volontari del Terrore che l'Isis ammalia con una folle idea di rivincita sociale

di Federica De Iacob 29/07/2016 CULTURA E SOCIETÀ
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In foto Adele Kermiche, l'attentatore di Rouen

Dovremmo trovare il coraggio di provare compassione nei confronti di queste persone. Cioè verso i terroristi. Non è facile, perché il primo pensiero va ovviamente alle vittime. Ma è l’unica cosa, oggi, che potrebbe dare salvezza ad un cittadino semplice. Uno che non si intende né di geopolitica, né di psicologia e tantomeno di terrorismo. E che può procurarsi una sola salvezza, quella della coscienza.

Ali Sonboly, l’attentatore di Monaco, in fondo era solo un ragazzino di 18 anni, estremamente fragile e con problemi psichici. Bouhlel, il killer di Nizza, era già un uomo, sulla trentina, depresso. Aveva chiesto ai soldati di Daesh delle munizioni in più e loro gli hanno fornito delle armi giocattolo. La pistola funzionante era una sola. Lo hanno preso in giro. Gli attentatori di Rouen, che hanno sgozzato un prete di 86 anni (pover’uomo), erano giovanissimi, 19 anni. Blateravano di appartenere a Daesh, che è un termine dispregiativo per chiamare l’Isis. Chi appartiene veramente allo Stato Islamico, lo sa. Ragazzi anche gli stragisti del Bataclan, che nessuno dei membri di Daesh ha protetto quando erano braccati dalla polizia, e quello che ha aggredito con un’accetta i viaggiatori di un treno tedesco (17 anni), che la bandiera dell’Isis se l’era fatta a mano. Mohammed Delel, 27 anni, si è fatto esplodere ad Ansbach, in Germania, ad un raduno musicale, ma aveva già tentato il suicidio due volte e soffriva anche lui di disturbi psichici. Tutti radicalizzati un due tre stella. Nel giro di pochi mesi, un anno al massimo.

Queste biografie parlano di loro come di persone rotte. Precipitati in una solitudine senza fondo, cercano solo di affermare se stessi.  Non c’entrano niente né l’islam né tantomeno Brevik. Non parlano di politica, non frequentano le moschee (o, nel caso di Sonboly, raduni di xenofobi). Ripetono a pappardella i soliti motti, uccidere gli infedeli eccetera. Nell’inchiesta del giornalista francese Said Ramzi tutto ciò si vede benissimo. Said si infiltra in un gruppo estremista francese che si è dato il nome grottesco di “I soldati di Allah” il cui leader ha appena 20 anni. Le conversazioni di questi dieci ragazzi vertono tutte sulla ricchezza e le belle vergini che incontreranno in paradiso. Dei “segaioli”, si direbbe.

Il punto vero sembra essere un altro. Cioè perché certe morali sballate –dei terrorismi d’oriente e d’occidente - abbiano una presa così forte su questi organismi fragili. Si dirà che una dittatura stragista altri non va cercando che folli omicidi. Eppure una qualche forma di riflessione politica forse si rende necessaria.

Il tema di fondo è che l’Isis riesce a comunicare un senso di comunità che noi abbiamo perduto. Loro sono talmente uniti da riuscire a creare uno Stato dal nulla, l’Europa non riesce a tenersi stretto neanche il Regno Unito, che è parte integrante della sua storia. Noi, gli inglesi della brexit, li apostrofiamo zoticoni, ignoranti che non sanno neanche quello che votano. Loro, quelli del Daesh,  invece dicono: siete i benvenuti. Chiunque voi siate. I pazzi diventano eroi (nella propaganda, ben inteso. Nella realtà, come s’è visto, è una presa in giro).

I grandi quotidiani e tv hanno già indagato a fondo nelle biografie degli attentatori, hanno quasi tutti problemi psicologici. L’occidente fa così: inquadra i terroristi in una schedatura da caso clinico, li dipinge come mostri, e c’è chi, sul lungomare di Nizza, ha lasciato rifiuti e sputi sul luogo di morte di Bouhlel. Al contrario, per l’Isis questi uomini sono i propri soldati, sono i martiri. E questo bislacco senso di appartenenza, anche da morto, può essere attrattivo per le persone rotte. Se l’occidente non ti vuole, ti prendiamo noi. Se l’occidente ti isola, noi ti trasformiamo in eroe. Ali Sanboly si è trovato, nell’estremo atto di follia, a dover conversare con un arrogante che lo insulta da un balcone (finché non si becca una pistolettata). Ali diceva sto male, sono stato vittima di bullismo. E quello, ostinato, lo insultava. Stai zitto, dice Ali, sono tedesco. E giù insulti. Quel povero ragazzo non ha trovato un orecchio che lo ascoltasse neanche nell’ora della morte. L’altro, in compenso, va ancora in giro a vantarsi della sua formidabile impresa: ho insultato un malato, avete visto? Ho avuto anche la grazia di riprendere tutto. Che mago.

Come quella ragazza americana che ha ripreso in diretta la morte del marito ucciso dallo sparo di un agente. Lei ha preferito utilizzare le mani per accendere uno smartphone, anziché tenderla verso il compagno morente. Non bada neanche alla sua bambina, che sta lì, a “godere” della scena. Il nostro mondo, quello occidentale, oggi, è questo. Non ascolta, ti insulta da un balcone. Un mare di je suis Charlie che poi vanno a farsi i selfie sulla promenade di Nizza, a cadaveri ancora caldi. I corpi falcidiati dal camion di Bouhlel vengono pubblicizzati su youtube con il titolo “Nizza attentato video shock che sta sconvolgendo il web” (compra ora!). E così lasciamo le persone rotte nelle mani degli stragisti, che in quanto a comunicazione la raccontano meglio di noi.

Forse dovremmo cambiare le parole, se vogliamo aver salva la coscienza. Cioè se non vogliamo ritrovarci a sputare su un luogo di morte, o a farci le riprese col cadavere. Dovremmo dire che i terroristi sono nostri, appartengono a noi, sono i nostri figli. Reputarli vittime come le loro vittime. Avere il coraggio della compassione davanti all’orrore. E iniziare a pensare che qualunque essere umano che metta un piede in terra d’occidente diventa patrimonio dell’occidente. Niente assicura la salvezza, ma bisogna darsi la possibilità di scegliere, di scegliere a quale comunità appartenere (c’è un pazzo che dice sono tedesco, sono come te, e quello sano impreca da un balcone).

Fra un Hollande che dichiara guerra e un Al Bagdadi che dichiara guerra, non si sentono differenze. Parlano tutti allo stesso modo. L’offerta politica è totalmente appiattita. Qualcuno disse “restiamo umani”, ma non lo ascoltò nessuno. E così mentre l’Isis continua a fagocitare e stritolare pezzi di umanità in ogni parte del mondo, l’occidente si salda in un sistema esclusivo. Che esclude. In primis, molti dei suoi cittadini, ormai fuori dallo stato sociale, condannando milioni di persone alla povertà e ad una nuova solitudine. E poi i nuovi arrivi, i cittadini del futuro. Non c’è un politico, in Europa, che dica i migranti è roba mia. Certo, lo ha fatto Angela Merkel. Ma subito dopo è lei stessa che insiste per finanziare la Turchia che dovrebbe contenere i flussi. Le democrazie dell’Occidente imbarcano di tutto, da Orban a Erdogan, finché alla fine non capiscono più chi sono, né cosa vogliono. Sanno solo dire ho paura, non li voglio. Sto male, non vedi che non ho un soldo? Ho paura, e sto soffrendo. E alla fine si sparano in testa.



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