Chi è Matteo Messina Denaro. Dalla alleanza con Riina alla strategia dell'oblio. Grazie ad una rete perfetta era diventato un fantasma

di redazione 16/01/2023 TUTTI
img

Era iniziata nel lontano 1993 e si è conclusa oggi, dopo 30 anni, la lunga latitanza di Matteo Messina Denaro, il super boss di Costa Nostra considerato il capo dei capi dopo la cattura di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Dopo avergli fatto terra bruciata attorno, le forze dell’ordine erano state più volte vicini alla sua cattura ma lui continuava a sfuggire  fino ad oggi, lunedì 16 gennaio 2023, con l’arresto del capomafia di Castelvetrano ad opera dei carabinieri del Ros in una clinica privata di Palermo.

Come hanno confermato diversi collaboratori di giustizia, "diabolik", uno dei suoi soprannomi, nonostante i viaggi in giro per l'Italia, rimaneva per lungo tempo nella sua terra natale, la Sicilia, l'ambiente ideale dove Messina Denaro si nascondeva ancora oggi e dove si stava curando nella struttura sanitaria palermitana. Nell’ambiente mafioso il boss era nato e cresciuto, restando nel gotha di Cosa Nostra e accumulando negli anni un lungo curriculum criminale che ora sconterà in carcere dopo l’arresto di oggi.


Figlio di Ciccio, vecchio capomafia di Castelvetrano e uomo fidatissimo di Totò Riina, era rimasto l’ultimo dei vecchi padrini di Cosa Nostra pur discostandosi dalla strategia stragista dei suoi predecessori dopo la scalata al potere. Un metodo che gli è valso una delle più lunghe latitanze. Di lui non si avevano nemmeno foto segnaletiche visto che l’ultima foto nota risaliva a quando era giovane e il vero volto di Matteo Messina Denaro è stato rivelato solo oggi dopo l'arresto.

La sua latitanza però era iniziata ben prima della scalata ai vertici mafiosi, nel 1993, quando si rese irreperibile dopo un mandato di cattura per associazione mafiosa e quattro omicidi. Quell'anno era in vacanza a Forte dei Marmi insieme con i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, altri due boss mafiosi di alto livello, ma ad allora era sparito nel nulla, almeno per la giustizia italiana.

In quegli anni ha perseguito la strategia stragista e sanguinaria dei suoi boss tra cui gli attentati a Falcone e Borsellino, macchiandosi di crimini orribili. Nonostante i gravi reati e le operazioni criminali è riuscito per anni a evitare l'arresto anche grazie a una grande rete di fiancheggiatori che gli inquirenti hanno dovuto scardinare anno dopo anno, stringendo sempre di più il cerchio attorno a lui.


L’organizzazione del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo
Per lui una lunga sfilza di accuse e condanne all’ergastolo per reati come omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo. Uno degli episodi più efferati che gli sono stati contestati è l’organizzazione del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci. Il piccolo Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere sciolto nell'acido. A Matteo Messina Denaro sono stati addebitati anche  attentati dinamitardi come ad esempio quello contro  il pentito Totuccio Contorno, insieme a Giovanni Brusca.


La scalata ai vertici di Cosa Nostra
Nel 1998, dopo la morte del padre Francesco, Messina Denaro era diventato capomandamento di Castelvetrano e anche rappresentante della provincia di Trapani in Cosa nostra. In quel ruolo ha continuando a essere fedele ai Corleonesi fino alla scalata al potere dopo l’arresto di Bernardo Provenzano.

Dal 2006 era diventato il ricercato numero uno in Italia. Per la sua cattura, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini e mezzi delle forze dell’ordine. Oggi l'arresto fuori dalla clinica di Palermo che sancisce la vittoria dello Stato sulla mafia. Quando è stato catturato "non ha opposto resistenza" ha spiegato il generale di divisione Pasquale Angelosanto, comandante dei Ros.

Le condanne di Matteo Messina Denaro
Matteo Messina Denaro deve ora scontare in carcere diverse condannate all’ergastolo inflitte in contumacia durate la sua latitanza. Il boss inoltre arrestato oggi è stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa già a partire dal 1989 e condannato tra le altre cose alla massima pena per le bombe di Roma, Firenze e Milano, gli attentati ideati dai Corleonesi per dichiarare guerra allo Stato. Nel 2020 però è stato ritenuto colpevole anche delle stragi di Capaci e via D'Amelio costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, come uno dei mandanti. Il padrino trapanese è stato condannato all'ergastolo anche come mandante ed esecutore di decine di omicidi tra gli anni ’80 e ’90. Tutti reati e condanne che ora il boss deve scontare in un carcere di massima sicurezza al 41 bis, compatibilmente con le sue condizioni di salute. Dopo l'arresto Messina Denaro è stato portato in caserma a Palermo e poi in una località segreta prima del trasferimento in carcere.

 



Ti potrebbero interessare

Speciali