FESTA DEL CINEMA DI ROMA. Giovanna Gagliardo: Good morning Tel Aviv

Festa del cinema di Roma. Special screenings

di EMILIANO BAGLIO 19/10/2022 ARTE E SPETTACOLO
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Apparentemente Good morning Tel Aviv sembrerebbe un documentario prodotto dall’ente del turismo israeliano perché ti viene voglia di partire subito dopo averlo visto.

Giovanna Gagliardo prova a dare conto dei mille volti di una città che “non dorme mai” e che è un paradosso in un paese già di per sé attraversato da contraddizioni.

Tel Aviv forse, come dicono alcuni degli intervistati, è una bolla destinata ad esplodere; oppure potrebbe essere l’immagine idealizzata di ciò che si vorrebbe fosse Israele.

Una città tutto sommato laica e moderna in uno stato religioso, una delle capitali mondiali lgbtqi+, il luogo con più start up al mondo e via dicendo.

Un’eccezione, non solo rispetto ad Israele ma più in generale per quanto riguarda il Medio Oriente stesso.

Una città, come il suo paese, attraversata da mille contraddizioni ed altrettante etnie ed in continua trasformazione.

L’autrice prova a restituire i diversi aspetti di questo luogo ripercorrendone la storia sin dalle origini, suggerendo quasi che la peculiarità di ciò che verrà sia proprio da ricercare nelle radici stesse dell’agglomerato.

Una città sorta dal nulla in un pezzo di deserto e che, al tempo stesso, porta su di sé la memoria di continui soprusi con gli ottomani che cacciano gli ebrei e questi che secoli dopo occupano le case degli arabi in un ciclo che sembra destinato a ripetersi sempre uguale.

Il centro dell’attenzione è sia in ciò che rappresenta Tel Aviv dal punto di vista economico, a cominciare dal fatto che sia la città con più start up al mondo passando poi per l’aspetto culturale che la rendono uno dei centri più vivi, vitali ed interessanti al mondo.

Quindi la maggior parte degli intervistati ruotano sono legati o alla sfera economica oppure sono artisti.

Insomma, inevitabilmente, lo sguardo stesso della Gagliardo finisce per essere parziale.

I problemi non vengono taciuti, dal costo della vita alla convivenza con i palestinesi eppure l’impressione che si ha è che nessuno di essi venga veramente sviscerato.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda Tel Aviv come città lgbtqi+ per eccellenza; al di là dell’enfasi posta sul gay pride visto come una sorta di festa nazionale cittadina e sulla natura tollerante della città, in tutta la durata di Good morning Tel Aviv non viene intervistato nessuno che appartenga a questa comunità e che magari spieghi cosa significhi veramente essere gay in una nazione fondata sulla religione.

Insomma l’impressione è che il documentario di Giovanna Gagliardo finisca con l’essere molto più interessante per quello che non dice.

Resta il dubbio se ciò sia voluto o meno.

EMILIANO BAGLIO


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