FESTA DEL CINEMA DI ROMA. Guy Davidi: Innocence

Alice nella città – Sintonie.

di EMILIANO BAGLIO 18/10/2022 ARTE E SPETTACOLO
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In Israele il servizio militare è obbligatorio; dura tre anni per i ragazzi e due per le ragazze.

Guy Davidi si è sottratto a questo destino disertando; ma rifiutarsi di svolgere il servizio militare significa andare in galera oppure dover abbandonare il paese.

L’alternativa è farsi riformare per problemi mentali e dunque porsi al di fuori della società.

Innocence è un’analisi precisa e meticolosa di cosa significhi vivere in uno stato nel quale l’esercito ed il servizio militare sono onnipresenti, cosa questo comporti in termini sociali e personali e quali conseguenze abbia.

Guy Davidi riesce a restituire la realtà di un paese completamente militarizzato usando materiali diversi e grazie ad un lungo lavoro di ricerca svolto partendo dai diari di alcuni soldati morti durante il servizio militare o più spesso per suicidio.

Sin dalle scuole elementari i bambini sono educati al culto dell’esercito.

Gli viene detto che un giorno dovranno combattere ma soprattutto la loro mentalità viene letteralmente plasmata attraverso gite a musei militari o giochi apparentemente innocenti come dipingere i colori delle uniformi o mandare dolcetti ai soldati.

Più si cresce più la presenza dell’esercito diventa pervasiva nella vita degli israeliani sino a quando non arriva per loro il momento di partire ed essere educati all’odio verso il nemico e l’arabo più in generale.

Non c’è scampo a questo destino.

Nemmeno per i protagonisti dei quali Davidi decide di raccontare le storie.

Giovani che non vorrebbero arruolarsi, che rifiutano quel modello, che si pongono domande rispetto alla militarizzazione di un’intera società e che riflettono criticamente sul rapporto di Israele rispetto ai Palestinesi ponendosi domande probabilmente scomode e chiedendosi se non siano loro gli oppressori.

Innocence mette i brividi, per i metodi sottili e subdoli con i quali sin dalla più tenera età si plasma il modo di pensare dei bambini e su come, poi, non si dia nessuna possibile alternativa ai giovani e li si costringa a trasformarsi in militari pronti ad uccidere.

Le scelte, come detto, sono l’esilio o il carcere.

Pochi scelgono questa strada, in troppi, anche e soprattutto a causa delle pressioni sociali e familiari, finiscono per arruolarsi contro la loro stessa volontà.

Sino alle estreme conseguenze.

Quelle di cui nessuno vuole che si parli e che Innocence mette drammaticamente in primo piano.

Resta da vedere se il film e queste testimonianze contribuiranno ad aprire un dibattito dentro la società israeliana.

EMILIANO BAGLIO


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