Turismo e commercio. Ecco come le città italiane fanno fatica a causa del Covid

di 12/01/2022 ECONOMIA E WELFARE
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Nel 2021 le grandi città e i comuni a vocazione montana sono quelli che registrano le maggior perdite a livello di presenze turistiche. Lo rileva l'Istat in un report sul movimento turistico in Italia nei primo nove mesi dello scorso anno. La categoria "grandi città" (composta dai 12 comuni italiani con più di 250mila abitanti), che nell'anno precedente la pandemia aveva registrato circa un quinto delle presenze dell'intero territorio nazionale, subisce la maggiore riduzione della domanda rispetto allo stesso periodo del 2019 (-71% contro -38,4% della media nazionale) ma recupera leggermente nel confronto con il 2020 (+3,0% le presenze).

Le difficoltà delle grandi città si confermano anche in estate, quando registrano una flessione delle presenze dei clienti residenti pari a circa -18% rispetto allo stesso trimestre del 2019.

Tra i territori più colpiti vi sono poi i comuni con un turismo a vocazione prevalentemente montana (-42,1%), a causa, come già evidenziato, della mancata stagione invernale. Questi stessi comuni avevano mostrato nel 2020 una maggiore capacità di tenuta. 

Rispetto allo stesso periodo del 2019, cali meno intensi sono stati registrati dai comuni a vocazione lacuale (-21,8%) e dai comuni a vocazione marittima (-25,0%) che recuperano ampiamente nel confronto con i primi nove mesi del 2020 (rispettivamente +80,8% e +36,3%). I comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica registrano invece una flessione pari al 35% rispetto allo stesso periodo del 2019 e un recupero del 33,2% sul 2020.

Focalizzando l'attenzione sui clienti residenti nel periodo estivo (la componente più rilevante nell'estate 2021), emerge la loro preferenza per i comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica (+26,5% ad agosto 2021 su agosto 2019), verso i comuni montani, che nel trimestre estivo registrano un recupero rispetto all'inesistente stagione invernale e vedono un aumento sia ad agosto (+6,5%) sia a settembre (+23,7%) e verso le località del turismo lacuale (+17,5% ad agosto e +37,8% a settembre rispetto agli stessi mesi del 2019).

Come nel 2020, anche nell'estate del 2021 la scelta degli italiani si è orientata verso destinazioni presumibilmente meno affollate, a discapito delle destinazioni estive più tradizionali come le località balneari. I comuni a vocazione marittima chiudono infatti il trimestre estivo con un -5,6% rispetto allo stesso trimestre del 2019.

l 2021 chiuderà con una crescita del Pil del 6,2% e dei consumi del 5,1% ma è allarme per i settori del turismo e della ristorazione.

 

Emerge dal consuntivo 2021 elaborato dall’Ufficio Studi di Confcommercio che stima che per i consumi, in calo del 7,3% rispetto al 2019, il completo ritorno ai livelli pre-pandemici non avverrà prima del 2023.

Risultati che, sottolinea l'associazione guidata da Carlo Sangalli, "nonostante siano in larga parte ‘rimbalzi statistici’, testimoniano comunque una grande vitalità del tessuto produttivo del Paese le cui performance non erano affatto scontate".

Tuttavia, quello che, invece, "ora preoccupa maggiormente è che ci sono alcuni settori, a cominciare dalla filiera turistica e dall’area della cultura e del tempo libero, che non hanno mai partecipato pienamente a questa ripresa e che sono ancora molto distanti dai livelli del 2019: ristorazione e alberghi, infatti, registrano una perdita di consumi, rispettivamente, del 27,3% e di quasi il 35%, i servizi culturali e ricreativi del 21,5%; e ci sono anche altri comparti con cali a doppia cifra, come i trasporti (-16%) e l’abbigliamento e le calzature (-10,5%)".

Per Confcommercio, è quindi "evidente che il recupero prosegue più lentamente del previsto e per i consumi, in calo del 7,3% rispetto al 2019, il completo ritorno ai livelli pre-pandemici non avverrà prima del 2023".

Secondo Confcommercio, "per una ripresa più robusta bisognerà, dunque, attendere condizioni macroeconomiche più favorevoli, anche perché la nuova ondata pandemica, con le conseguenti restrizioni e, soprattutto, l’accelerazione inflazionistica innescata dai prezzi delle materie prime, rischiano di bloccare l’ampio potenziale di consumo delle famiglie italiane: l’eccesso di risparmio forzoso e precauzionale accumulato negli ultimi due anni difficilmente troverà sbocchi favorevoli in condizioni di nuova incertezza pandemica e inflazionistica".

In questo contesto, sottolinea ancora l'associazione, "è indispensabile sostenere in particolare le componenti della filiera turistica e le sue estensioni alla convivialità e alla cultura adottando misure sugli ammortizzatori sociali, senza aggravi di costo per le imprese, e sull’accesso al credito, ma anche interventi fiscali e contributi a fondo perduto parametrati alle perdite subite!".



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