Suicidio assistito, primo caso autorizzato in Italia. Vaticano "Scegliere cure palliative"

di redazione 23/11/2021 CULTURA E SOCIETÀ
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Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni".

Questo, rende noto l'Associazione Luca Coscioni,  il commento di 'Mario' - primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio assistito in Italia - dopo aver letto il parere del Comitato etico. "Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita.

Nessuno - dice in un video - può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni", e "condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati". 'Mario', 43 anni, è paralizzato dalle spalle ai piedi da 11 anni a causa di un incidente stradale in auto. Ha chiesto da oltre un anno all'azienda ospedaliera locale che fossero verificate le sue condizioni di salute per poter accedere, legalmente in Italia, ad un farmaco letale per porre fine alle sue sofferenze.

Questo l'inizio dell'iter previsto in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n.242/2019 che indica le condizioni di non punibilità dell'aiuto al suicidio assistito. Dopo il diniego dell'Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (ASUR), una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona, due diffide legali all' ASUR Marche, Mario ha dunque ottenuto il parere del Comitato etico, che ha confermato il possesso dei requisiti per l'accesso legale al suicidio assistito. Vaticano: "Scelta giuste le cure palliative"

"La materia delle decisioni di fine-vita costituisce un terreno delicato e controverso", afferma la Pontificia Accademia per la Vita a commento del via libera al suicidio assistito ottenuto da "Mario", col parere del "Comitato etico territorialmente competente". "La strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l'insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. E' la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l'équipe curante".

  "Non disponendo delle informazioni mediche precise sulla situazione clinica, occorre limitarsi a qualche rilievo generale", rileva la Pontificia Accademia per la Vita in una nota. "Anzitutto - osserva - è certamente comprensibile la sofferenza determinata da una patologia così inabilitante come la tetraplegia che per di più si protrae da lungo tempo: non possiamo in nessun modo minimizzare la gravità di quanto vissuto da 'Mario'". "Rimane tuttavia la domanda - prosegue - se la risposta più adeguata davanti a una simile provocazione sia di incoraggiare a togliersi la vita. La legittimazione 'di principio' del suicidio assistito, o addirittura dell'omicidio consenziente, non pone proprio alcun interrogativo e contraddizione ad una comunità civile che considera reato grave l'omissione di soccorso, anche nei casi presumibilmente più disperati, ed è pronta a battersi contro la pena di morte, anche di fronte a reati ripugnanti?". "Confessare dolorosamente la propria eccezionale impotenza a guarire e riconoscersi il normale potere di sopprimere, non meritano linguaggi più degni per indicare la serietà del nostro giuramento di aver cura della nostra umanità vulnerabile, sofferente, disperata? - chiede ancora l'organismo bioetico vaticano - Tutto quello che riusciamo ad esprimere è la richiesta di rendere normale il gesto della nostra reciproca soppressione?".

"Si pone, in altri termini, l'interrogativo - almeno l'interrogativo, se non altro per non perdere l'amore e l'onore del giuramento che sta al vertice di tutte le pratiche di cura - se non siano altre le strade da percorrere per una comunità che si rende responsabile della vita di tutti i suoi membri, favorendo così la percezione in ciascuno che la propria vita è significativa e ha un valore anche per gli altri", spiega. Secondo la Pontificia Accademia per la Vita, "la vicenda solleva inoltre una domanda sul ruolo dei Comitati etici territoriali.

Non si può escludere che la difficoltà della risposta sia stata determinata anche dalla difficoltà di chiarire il ruolo da svolgere". Infatti "la dizione impiegata non è quella abituale (finora si è parlato di Comitati per la sperimentazione clinica di Comitati per l'etica clinica)". Del resto, "nella Sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 si richiede un compito che non corrisponde a quanto è previsto per entrambe le tipologie finora note: si tratta di operare un giudizio vincolante di conformità della particolare situazione clinica alle quattro condizioni stabilite dalla Sentenza della Corte Costituzionale". "Un compito - conclude la struttura vaticana - cioè che potrebbe più adeguatamente essere svolto da un comitato tecnico (medico-legale) che verifichi la sussistenza delle condizioni prescritte. Un comitato di etica potrebbe essere più correttamente essere coinvolto in una consultazione previa alla decisione del paziente". 

Regione Marche: deciderà il Tribunale "Sarà il Tribunale di Ancona a decidere se il paziente tetraplegico di 43 anni potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito. Il Comitato Etico da parte sua ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto  (il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato ndr)". Lo chiarisce la Regione Marche in una nota diffusa oggi sul caso di 'Mario', nome di fantasia per indicare il paziente marchigiano tetraplegico, immobilizzato da 10 anni, che ha chiesto all'Asur di verificare le sue condizioni di salute per poter accedere legalmente in Italia ad un farmaco letale, per porre fine alle sue sofferenze e che ha ottenuto ieri il via libera del Comitato etico. La vicenda risale al 15 giugno scorso quando il il Tribunale di Ancona ha ordinato all'Asur Marche di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare se la patologia fosse irreversibile, se fosse in grado di intendere e volere e se il farmaco fosse appropriato a garantirgli una morte senza sofferenza. 


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