DAU. Natasha

Grazie a Teodora film arriva al cinema il primo frammento di uno dei progetti più ambiziosi e forse megalomani della storia del cinema.

di EMILIANO BAGLIO 29/08/2021 ARTE E SPETTACOLO
img

Centinaia di persone che, per tre anni, su di un set di 12mila metri quadri hanno vissuto 24 ore su 24, sette giorni su sette, come all’epoca dello Stalinismo.

700 ore di girato, 10 anni di montaggio ancora work in progress.

13 film e 4 serie tv, per il momento.

Un’anteprima multimediale a Parigi, tra vodka, caviale e veri sciamani.

I 135 minuti di DAU. Natasha sono solo un piccolo frammento del progetto Dau, uno dei più giganteschi e megalomani della storia del cinema.

Difficile parlarne senza conoscere il resto, senza sapere se tutto questo materiale è collegato tra di esso, sino a raccontare la storia del Premio Nobel per la fisica Lev Landau e del suo istituto di ricerca o se ogni singolo film ne racconta un punto di vista, scollegato dagli altri.

Certo è che il film di Ilya Khrzhanovskiy (qui insieme a Jekaterina Oertel), pur possedendo una propria linea narrativa ha un finale sospeso che sembra rimandare ad altro.

Telecamera a mano, riprese in tempo reale e l’inevitabile codazzo di scandali dovuto, nel caso specifico, a due sequenze in particolare.

Una è la lunghissima scena di sesso tra Natasha ed il professore straniero Luc Bigé con tanto di preservativo infilato tramite fellatio ed il dubbio su quanto ci sia di realtà e quanto di finzione.

L’altra è l’altrettanto estenuante scena dell’interrogatorio della nostra da parte dei servizi segreti, comprese le umiliazioni e le torture tra le quali una bottiglia infilata nella vagina.

Entrambe hanno scatenato le critiche, in primo luogo delle femministe.

Sono seguite le accuse al regista di aver sfruttato la sua immensa troupe per una sorta di suo gioco sadico.

Le cronache non aiutano visto che si parla di un gran finale del progetto con dei veri neonazisti assoldati apposta per distruggere il set.

Al di là di tutto però rimane questo oggetto alieno, distribuito in 13 copie dalla tenace Teodora film che si ostina a proporre cultura cinematografica in questo paese.

Al centro Natasha ed Olga, cameriere nella mensa dell’istituto al centro del progetto.

Pochi giorni nelle loro vite scandite soprattutto dai fumi di alcool che si spartiscono a fine serata o durante la festa a casa di Olga.

Proprio lì Natasha avrà un rapporto sessuale con il professor Bigé completamente ubriaco.

Le conseguenze saranno inevitabili, finirà nel mirino della polizia segreta che gli estorcerà la collaborazione a suon di minacce, umiliazioni, botte e torture.

Poi tutto ricomincerà come prima, come se nulla fosse accaduto.

Sullo sfondo il clima opprimente dello Stalinismo.

Che non è solo quello evidente nel lungo interrogatorio, no, attraversa sottotraccia l’intero film.

Innanzitutto nei rapporti tra le due donne, ora complici ed amiche ma che più spesso sono improntate ad un tentativo costante di dominazione di Natasha, la più grande, ai danni della giovane Olga, che viene continuamente trattata come una povera idiota con, anche qui, l’inevitabile contorno di piccole sopraffazioni ed umiliazioni quotidiane.

Perché ci sarà sempre uno straccio da passare a fine serata che impedirà ad Olga di andare a casa.

Ci sarà sempre Natasha a darle della stupida, a tirargli i capelli, a ricoprirla di cattiveria e di angherie, a costringerla ad ingurgitare alcool sino a vomitare per poi ricominciare e vomitare ancora.

Poi c’è lei, Natasha, che, rimasta una sera da sola, si ritrova a piangere sul pavimento maledicendo la sua vita assolutamente vuota, priva di amicizia ed amore, fatta solo di lavoro, qualche ora di sonno, ancora lavoro e solitudine.

La vera natura dello Stalinismo e di qualsiasi dittatura sta proprio in questo quadro asfissiante di degrado umano, solitudine ed un potere violento e brutale

Nei rapporti tra le due donne, nel loro gioco sadico tra padrona e schiava, nella loro vita vuota, in quelle lunghe serate passate a scacciare la tristezza tra fiumi di alcool, nell’impossibilità dell’amore, in tutto quello che lo spettatore vede e vive sulla sua pelle, in un film che ti scuote nel profondo, sta lì l’ombra del totalitarismo che si estende come una cappa opprimente sulle vita di ognuno dei protagonisti, tutti, peraltro, attori non professionisti.

Il resto, il voyeurismo, la macchina a mano, la caduta dei limiti tra realtà e finzione sono, più che una scelta estetica o un sospetto, una naturale conseguenza.

DAU. Natasha ha lo stesso effetto che può avere visitare le prigioni della Stasi o i campi di concentramento, ricrea alla perfezione quel clima anche grazie alla durata in tempo reale delle sue poche sequenze, ognuna delle quali è un fiume in piena che cerca di ricreare la vita vera.

L’unica cosa che è certa è che una volta terminata questa visione/esperienza se ne vorrebbe ancora ed ancora.

Speriamo sia possibile soddisfare la nostra sete al cinema, altrimenti ricorreremo a dau.com il sito sul quale è possibile visionare tutto il materiale montato sino a questo momento.

 

EMILIANO BAGLIO



Ti potrebbero interessare

Speciali