Morire per lavorare. Il fallimento della Repubblica fondata sul Lavoro

di Virginia Diaco 18/08/2021 ECONOMIA E WELFARE
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Salvatore Rabbito era un operaio reggiano di 53 anni, morto il 5 agosto, schiacciato da una ruspa in un cantiere autostradale dell’A15 Parma. Secondo le prime ricostruzioni della Polizia stradale, non c’era nessuno a bordo della ruspa; questa si sarebbe quindi messa in movimento da sola, partendo in retromarcia, forse per un dislivello del terreno. Il 3 agosto, solo 2 giorni prima di questo tragico evento, Laila El Harim perdeva la vita sempre a causa di un incidente sul lavoro: la 41enne, operaia in un’azienda di Bastiglia (Modena), viene trascinata e schiacciata da una fustellatrice, impianto finalizzato a sagomare il materiale da imballaggio. Lei stessa aveva denunciato ai tecnici della fabbrica il malfunzionamento del macchinario. Negli ultimi giorni se ne sono verificati di altri e mortali, da Nord a Sud, come in provincia di Bergamo, a Domaso (CO) ed a Torremezzo (CS). Impossibile citarli tutti, doveroso fermarsi a riflettere. Secondo i dati forniti dall’INAIL, 306 sono i morti sul lavoro nel 1° quadrimestre del 2021, il 9,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Anche le denunce di infortunio non mancano: sempre dalla medesima fonte apprendiamo un aumento degli infortuni sul lavoro del 75 % nel 1° trimestre del corrente anno. Numeri che fanno rabbrividire. Cgil, Cisl e Uil affermano: "Paghiamo l’assenza di investimenti in sicurezza e formazione e una ripresa che corrisponde ad una vertiginosa crescita di infortuni gravi e mortali". Di fronte a queste mancanze importanti, che ruolo sta ricoprendo lo Stato? Quanto costa il diritto al lavoro in Italia? Ecco solo alcune delle domande che sorge spontaneo porsi. Lavoratrici e lavoratori sono costretti ad accettare condizioni di lavoro poco dignitose, funestati dalla crisi economica; ne consegue che, sottomessi alla logica del profitto da parte dei superiori, vedono negarsi anche il proprio diritto alla conservazione della vita. Uno dei problemi più frequenti e lampanti è stato – e continua purtroppo ad essere – riuscire ad individuare prontamente i responsabili (vedi Strage del Mottarone). Se il lavoro è un diritto fondamentale (l'art. 1 della nostra Costituzione recita: ‘'L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro […]’’),  il dovere alla sicurezza, a chi spetta? E rifacendoci ancora alla Costituzione, all’art. 35 troviamo la tutela del lavoro in generale, e all’art. 41 si puntualizza che ogni iniziativa economica non può essere svolta in maniera da recare danno alla sicurezza umana e alla salute in generale del lavoratore, e che lo Stato si riserva naturalmente il diritto di controllare che ogni attività lavorativa sia svolta in conformità alle norme vigenti. Altri articoli della Costituzione, così come La Carta Sociale Europea e accordi con i sindacati, regolano e disciplinano la materia del Lavoro, ma il riferimento principale ad oggi è: ‘’La legge 81/08, o Testo Unico sulla sicurezza’’, tutelante la sicurezza e la salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, e rappresentante il risultato di un serie di norme in materia di sicurezza che si sono succedute nel tempo. In seguito, esso è stato integrato dalle disposizioni riportate dal D. Lgs. n. 106 del 3 agosto 2009, entrato in vigore il 20 di quello stesso mese e anno. Dal ‘‘Testo Unico sulla sicurezza’’ apprendiamo quindi che: “La sicurezza sul lavoro è la condizione di far svolgere a tutti coloro che lavorano, la propria attività lavorativa in sicurezza, senza esporli a rischio di incidenti o malattie professionali”. Il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, propone una patente a punti per le imprese, al fine di contrastare le morti sul lavoro. Precedentemente avanzata dalle sigle sindacali Fillea CGIL, Filca CISL e Feneal UIL per il settore edile (tra i più colpiti), la patente, contempla – nella sua forma iniziale e non ancora definita – la maggiorazione dei punti per un’azienda ligia alle regole, e, viceversa, la riduzione fino a zero qualora presenti infortuni riconducibili alla negligenza del datore di lavoro. ‘’Con riferimento all'edilizia, il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi si realizza almeno attraverso la adozione e diffusione, nei termini e alle condizioni individuati dal decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), di uno strumento che consenta la continua verifica della idoneità delle imprese e dei lavoratori autonomi, in assenza di violazioni alle disposizioni di legge e con riferimento ai requisiti previsti, tra cui la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e i provvedimenti impartiti dagli organi di vigilanza. Tale strumento opera per mezzo della attribuzione alle imprese ed ai lavoratori autonomi di un punteggio iniziale che misuri tale idoneità, soggetto a decurtazione a seguito di accertate violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L'azzeramento del punteggio per la ripetizione di violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro determina l'impossibilità per l'impresa o per il lavoratore autonomo di svolgere attività nel settore edile. ’’ (Articolo 27, 1-bis del ‘’Testo Unico sulla salute e sicurezza del lavoro’’)

Lo strumento di supervisione statale, quindi, era già previsto, tuttavia mai messo in atto per opposizione delle imprese. Per queste ultime, i punti del sistema patente si tradurrebbero in possibilità di aggiudicarsi, o meno, le gare d’appalto, e soprattutto, potrebbero garantire la regolare verifica dell’idoneità delle stesse e dei lavoratori autonomi da parte dello Stato, così come stabilito dalle leggi precedentemente riportate.

Il Presidente nazionale ANMIL (Associazione fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), Zoello Forni, poco tempo fa, asseriva: ‘’ […] Con il ministro del Lavoro Andrea Orlando - che ha già dimostrato una forte sensibilità su questo tema, rafforzeremo ulteriormente l’impegno sul fronte della prevenzione e della tutela. Ma chiediamo che il nostro ruolo non sia relegato ai margini di una battaglia così importante e verso la quale in quasi 80 anni di vita abbiamo dimostrato di saper dare un forte contributo come dimostrano le nostre campagne, l’impegno di una web radio, Radio ANMIL Network, che da due anni trasmette quotidianamente due ore di trasmissione in diretta portando ogni giorno a confronto esperti, professionisti, vittime del lavoro, rappresentanti istituzionali e delle massime organizzazioni in materia con le sole nostre risorse che vengono dalle quote dei nostri iscritti. La sicurezza sul lavoro deve davvero rappresentare la vera rinascita di questo Paese e noi vogliamo esserne protagonisti, ma non come vittime!”

Nella speranza che la suddetta dichiarazione venga accolta da parte delle istituzioni e delle autorità competenti, e seguita da azioni tese a contrastare l’elusione dei controlli di legge –  ancora, Il ministro Andrea Orlando, a tal proposito riferiva: "Se una macchina è idonea ma poi viene disattivato il dispositivo di sicurezza tutto il nostro sforzo è vanificato" –  sarebbe utile meditare sulle statistiche riportate precedentemente, non in chiave di sterili e freddi numeri, ma come prova del fatto che queste tristi vicende non siano frutto di quel fatalismo che l’Italia è solita coltivare. I calcoli, che dietro celano vite, suggeriscono l’urgenza di un provvedimento, che sia patente a punti o qualsiasi altro sistema, purché ritenuto risolutivo.

 



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