Alfredino. 40 anni fa la tragedia del bimbo nel pozzo.

di redazione 10/06/2021 CULTURA E SOCIETÀ
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È il 10 giugno del 1981 a Selvotta, nella frazione di Vermicino, la campagna alle porte di Roma, zona Frascati. Un sonnolento luogo di villeggiatura in cui la famiglia Rampi - papà Ferdinando, mamma Francesca “Franca”, nonna Veja, e i piccoli Alfredo, 6 anni, e Riccardo, 2 anni - trascorrono le vacanze nella loro seconda casa: un posto tranquillo, tanto che papà Ferdinando quel pomeriggio acconsente alla richiesta di Alfredino di tornare a casa da solo, passando per i campi.

Il piccolo Alfredo a casa non ci tornerà mai più: sulla via del ritorno precipitò in un pozzo artesiano, e lì rimase, in attesa di un aiuto che nessuno, nonostante gli sforzi, riuscì a dargli, sino al 13 giugno, quando uno stetoscopio venne calato in quel buco profondo decine di metri e largo 30 centimetri e diede il verdetto che nessuno voleva sentire: il suo cuore aveva smesso di battere.

Per Alfredo la mobilitazione fu nazionale, e quei quattro giorni restano incisi nella storia con il corollario di personaggi che l'hanno resi così sentiti. La mamma Franca, simbolo di forza, coraggio e stoicismo nel dolore; il brigadiere Giorgio Serranti, che qualche ora dopo l’allarme insistette per ispezionare quel pozzo chiuso da una lamiera, segnalato dalla nonna di Alfredo, deciso a trovare il bambino a tutti i costi, e diede l’allarme. Fu lui a sentire i lamenti del bambino e a mettere in moto la macchina dei soccorsi.

Ancora, Nando Broglio, il vigile del fuoco che con un megafono parlò al piccolo per 24 ore, incoraggiandolo, facendogli sentire che i genitori, gli amici, l’Italia non lo aveva abbandonato e stava provando di tutto per salvarlo. E poi l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che volle parlare di persona al bambino. E ovviamente i giornalisti che seguirono ininterrottamente la vicenda, portandola nella casa degli italiani in quei lontani anni ’80.

Tutti i tentativi di salvare il piccolo Alfredo fallirono: nessuno riusciva ad afferrare il bambino incastrato in quel pozzo così stretto e profondo, e gli scavi di un tunnel parallelo non fecero altro che spingerlo più in basso, addirittura a 60 metri, stimarono gli esperti. Nelle viscere della Terra. Fu così deciso l’estremo tentativo: calare qualcuno nel pozzo per afferrare il bambino, sempre più debole.

Ci provò il contorsionista Angelo Licheri, ribattezzato “l’Uomo Ragno”, che scese attaccato a una corda a testa in giù, arrivò a sfiorarlo e fu poi costretto a tornare in superficie, il cuore spezzato. Ci provarono volontari e soccorritori scelti per la corporatura esile, ci provò anche lo speleologo Donato Caruso: fu lui l’ultimo a tentare, e fu lui a comunicare che il bambino era con tutta probabilità morto.

Calato lo stetoscopio e calata una telecamera, la terribile notizia fu confermata. Per riportare Alfredino alla luce, però, si sarebbe dovuto aspettare ancora: 28 giorni dopo, l’11 luglio, tre squadre di minatori della miniera di Gavorrano restituirono il corpo ai genitori, che lil 17 luglio diedero l’ultimo saluto al figlio nella Basilica di San Lorenzo.

Nel 2021, dopo un lungo elenco di tragedie, non ultima una pandemia, i fatti di Vermicino (diventati anche una serie tv che verrà trasmessa su Sky la sera del 12 giugno) sembrano ormai un lontano ricordo. Non così lontano, sottolineano invece dal Centro Alfredo Rampi, primo centro di protezione civile in Italia, fondato proprio per far sì che tragedie di questo genere non accadano più e che questo ricordo non sbiadisca.

“Il Centro Rampi nacque il 20 giugno 1981, pochissimi gironi dopo l’evento di Vermicino, e dopo pochissimi giorni la signora Rampi lanciò ai cittadini un appello: cosa possiamo fare per far sì che incidenti simili non possano accadere più? La risposta fu immediata e di tanti - ha detto Rita Di Iorio, presidentessa del centro - Insieme in 40 anni abbiamo raggiunto tantissimi cittadini, ragazzi, insegnanti e operatori del soccorso per portare avanti il nostro progetto: aumentare la cultura della sicurezza, educare, partendo dai più piccoli, ai rischi di ogni livello”.

 

Tra le immagini più strazianti di quei giorni, ci sono quelle della madre di Alfredino, Franca Rampi, il volto della speranza e della disperazione. "Di quella diretta", ricorda Biondo, psicoanalista del Centro Alfredo Rampi Onlus, "resta la forza di Franca. Davanti a quelle telecamere non accettò di esibire il proprio dolore e proprio per questo fu trattata male da una certa stampa conformista dell'epoca. Reagì al dolore con grande forza: fece subito un appello per mobilitarsi come cittadini e istituzioni, fondò dopo poco l'associazione a nome del figlio perché nessuna mamma dovesse vivere il dramma che aveva vissuto lei. Fu l'unica diretta di tre giorni che raccontò davvero la realtà: in cui si vide la confusione, la disorganizzazione, la pressione psicologica sui soccorritori e il paese ne rimase traumatizzato.

Fu davvero un racconto della realtà, mentre i reality oggi sono solo finzione".  Se sul versante della prevenzione c'è ancora molto da lavorare, su quello dei soccorsi "al contrario si sono fatti passi da gigante - sottolinea lo psicanalista - e in Italia dopo 40 anni è cambiato tanto purtroppo e al tempo stesso grazie a Vermicino. Tutto quello che all'epoca è mancato e che purtroppo, forse, ha generato anche il fallimento del salvataggio di Alfredino è migliorato. Abbiamo imparato che c'era bisogno di un sistema organizzato di soccorsi, un coordinamento tra soccorritori che a Vermicino non c'era". Grazie all'impegno dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini che disse a Franca Rampi: "Per lei ho creato un ministero che non esisteva", nacque il ministero della Protezione Civile. "Ma Franca Rampi e tutti noi abbiamo combattuto per 11 anni - ammette - per avere una legge sul sistema nazionale della Protezione Civile, legge che venne alla fine approvata nel '92 e che oggi diamo per scontata". 

  In questi 40 anni il Centro Alfredo Rampi ha promosso la cultura della sicurezza, dell'educazione alla protezione da rischi ambientali, del soccorso tecnico ed emotivo nelle emergenze. Sono stati quasi 60mila bambini e ragazzi che hanno partecipato a campi scuola, corsi di formazione, seminari in classe, corsi naturalistici organizzati dal Centro per insegnare ai minori come imparare a proteggersi. "Fino a diventare - puntualizza Biondo -  un punto di riferimento nazionale per la formazione dei soccorritori". Dunque dalla morte di Alfredino Rampi tante cose positive sono nate e proprio per ricordare l'anniversario del quarantennale del Centro Alfredo Rampi il 12 giugno si svolgerà l'evento "Più in là - Oltre la resa" all'Auditorium della Conciliazione a Roma, a cui la mattina presenzieranno anche i coniugi Rampi.

Andare 'Più in là', oltre la morte, oltre la caduta nel pozzo della disperazione, è il tema dell' appuntamento che durerà tutta la giornata e prende a prestito le parole di Eugenio Montale nella poesia  "Maestrale"  in cui viene descritta la calma e la ripresa dopo una tempesta: 'Sotto l'azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: "più in là!". Verso che alle 20 sarà inviato, grazie ad una speciale autorizzazione, in alfabeto morse sui canali di emergenza di tutti i radioamatori.  



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